Le chiese della Riforma conoscono preti maschi e femmine

Tracce storico-liturgiche

Stampa l articolo

Uno studente ha fatto la tesi di licenza ad Ancona sul nostro tema

L’argomento sul diaconato femminile, altrimenti detto “il diaconato alle donne”, nonostante sembri un argomento nuovo e rivoluzionario del pontificato di Papa Francesco, inizia con il ripristino del diaconato maschile dal Concilio Vaticano II, seguendo le antiche tracce dei primi tempi della comunità cristiana. Quando il Concilio Vaticano II ha valorizzato il terzo grado dell’ordine sacro come compito di carità (non ad sacerdotium sed ad ministerium), nella comunità cristiana si sono alzate le antenne anche da parte degli studiosi, per indagare sull’esistenza dell’istituzione del diaconato femminile nell’antica Chiesa dell’Oriente.
I primi studi nel periodo post-conciliare sono stati condotti da J. Galot, La donna e i ministeri della Chiesa antica nel 1973, R. Gryson, Il ministero delle donne nella chiesa antica nel 1974, J. Danièlou, Il ministero della donna nella Chiesa Antica nel 1974, A. G. Martimort, Les diaconesses: Essai Historique nel 1986, C. Vagaggini, Le diaconesse nella tradizione bizantina nel 1987 e M. J. Aubert, Il diaconato alle donne? nel 1989.
Da parte del magistero della Chiesa, mentre l’ammissione delle donne al sacerdozio viene rifiutata, (Congregazione per la dottrina della fede, dichiarazione Inter Insigniores circa la questione dell’ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale del 15 ottobre 1976), Giovanni Paolo II, (Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, sull’ordinazione sacerdotale riservata ai soli uomini 22 maggio 1994), non manca di sottolineare uno sviluppo di comprensione e apprezzamento del ministero femminile nella Chiesa nei suoi insegnamenti come la Mulieris dignitatem, (15 Agosto 1988) e Redemptoris Mater, (25 Marzo 1987). Infine vediamo che la Commissione Teologica Internazionale (CTI), Il diaconato: Evoluzione e Prospettive, 2003, resta aperta per un’ indagine complessiva.
Quest’esigenza del dibattito emerge in superficie, quando la proposta di ordinare donne diacono nella Chiesa irrompe al Sinodo sulla famiglia. A sorpresa, in un dibattito fortemente condizionato dalla questione dei divorziati risposati, e per bocca dell’ex presidente dei vescovi canadesi, Paul-Andrè Durocher. Nel corso di una delle congregazioni generali, le sessioni a cui partecipano tutti insieme i 270 membri del Sinodo, il Monsignore ha invitato la Chiesa «a valutare seriamente la possibilità di ordinare al diaconato permanente le donne, perché questo, come dice la tradizione ecclesiale, non è orientato al sacerdozio ma al ministero».
Con questo breve sguardo storico allo sviluppo del pensiero degli studiosi e al magistero della Chiesa, ho lavorato su una tesi di licenza all’Istituto Teologico Marchigiano ad Ancona, sotto la guida del prof. Tarcisio Chiurchiù e del prof. Giovanni Frausini. La tesi era strutturata in cinque capitoli, partendo dal dato biblico dell’ Antico e Nuovo Testamento, per poi passare ai Concili della Chiesa nei vari momenti della storia.
La Chiesa del tempo, nelle varie zone, attraverso i Concili, ha affrontato spesso il problema della collocazione delle donne e ha discusso molto e con una certa vivacità: in Oriente c’è stata una posizione, o una scelta progressiva, del diaconato a favore delle donne e ciò si spiega per la presenza di una necessità pastorale, molto più forte all’inizio che nei secoli successivi. Poi ho scoperto che la realtà della diaconia femminile si è anzitutto espressa attraverso il servizio del battesimo per le donne adulte. Una partecipazione che adesso dovrebbe essere allargata soprattutto al compito prioritario, che è quello d’evangelizzare attraverso forme adeguate ai tempi per l’annuncio, la catechesi, la formazione personale e comunitaria. Inoltre, questo ministero delle donne viene ricordato nelle preghiere della Chiesa antica e ci aiuta a recuperare il sano principio della Lex Orandi. Infine, si può attingere ad una visione molto chiara e puntuale dell’ecclesiologia della comunione emersa in tutto il Concilio Vaticano II, in modo particolare nella Lumen Gentium, là dove si sottolinea la realtà teandrica comunionale della Chiesa, in cui ci può stare uno spazio anche per le donne nella ecclesiologia della comunione.
Nonostante alcuni vedano il diaconato al femminile come una «vittoria di tappa» sulla via dell’accesso a tutti i ministeri della Chiesa, ritengo che l’essere-uomo e l’essere-donna non rappresenti unicamente una «entità di tipo biologico», né la sessualità sia la mera risultanza di un processo evolutivo, approdato ad un felice risultato, ma una realtà più profonda. Per questo motivo il discorso sul sacerdozio alle donne, è un problema diverso, da trattare alla luce della tradizione teologica della Chiesa che ha escluso sempre alle donne l’accesso a questo ministero, tipico degli uomini. Va precisato inoltre che l’identità della Chiesa, la sua missione, è profondamente segnata dalla chiamata all’annuncio della Parola a tutta l’umanità, al servizio della carità in tutto il mondo: il popolo di Dio, secondo i carismi propri di ciascun membro, è partecipe della missione fondamentale della Chiesa, senza alcuna esclusione.
Questa chiamata ecclesiale all’annuncio della Parola, al servizio e alla carità, che appartiene a tutti credenti, non può non essere condivisa sacramentalmente anche dalle donne: queste non sono chiamate solo a impegnarsi come partecipazione laicale (anche se qualificata al massimo) ma devono rientrare nell’ordo, con il sacramento dell’ordinazione al diaconato, un vero e proprio ministero che appartiene non solo agli uomini, ma anche alle donne. •

Don Hari Haran Sagadevan

Rispondi