Domani, spenti i luccichii della festa, comincia il lavoro quotidiano

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Cari amici,
sono ancora vive in me e in molti di voi le emozioni vissute sabato scorso a Matera quando, alle quattro del pomeriggio, avete partecipato alla mia gioia di essere consacrato vescovo.
Un lucano, un sacerdote dell’antica e gloriosa Arcidiocesi di Matera-Irsina, formato nel Seminario Teologico di Basilicata, viene a voi. Il popolo lucano non è un popolo vanitoso, perché sa bene che, oltre alla sua onesta povertà, ha davvero poco di cui vantarsi. Un sacerdote, qualche giorno fa, mi faceva notare come la stessa scoperta di Matera, oggi proiettata sullo sfondo di prestigiosi scenari internazionali, è in realtà una scoperta recente, che ha sapientemente trasformato in un interessante bacino culturale quel che fino a ieri era piuttosto emblema di una povertà misera e degradante. Ma nella Chiesa questi criteri sociologici di grandezza e di piccolezza non hanno ragion d’essere: in essa, infatti, siamo tutti grandi perché figli amati da Dio, e tutti piccoli perché impastati di umana fragilità.
Anche oggi, alle quattro del pomeriggio, siete stati convocati nella… nostra bellissima Cattedrale per accogliermi come vostro Pastore. Come Giovanni evangelista, anch’io custodirò nel cuore, il ricordo delle quattro del pomeriggio, l’ora in cui ho l’onore di mettermi al vostro servizio.
Anche a me Giovanni Battista, invita a fissare lo sguardo su Gesù, l’Agnello di Dio. Infatti, solo guardando a Lui il vescovo intuisce e comprende che, se grande è l’onore, ancor più grande è la responsabilità. I nostri, infatti, non sono tempi di trionfi, bensì assai spesso di prova e di umiliazione. E non potrebbe che essere così: il nostro “Capo”, infatti, è un Signore crocifisso, e di lui noi tutti siamo immagine e discepoli. Mi incoraggia, innanzitutto, la consapevolezza che mi accompagna – mi basta – la Sua grazia, la grazia di Cristo che tutto vince e riconduce a bellezza.
Anche io, come i discepoli di Giovanni, sono in modo nuovo oggi chiamato a seguire Gesù, e a farlo insieme a voi, Chiesa di Fermo, sostenendoci reciprocamente nel cammino della vita. Mi rincuora la consapevolezza di essere accolto con gioia e amicizia in questa diocesi, in mezzo a voi, nel cammino pastorale tracciato dai vescovi che mi hanno preceduto, per ultimo Mons. Luigi Conti, che saluto con tanto affetto. In particolare ai presbiteri chiedo di aiutarmi a far crescere la comunione tra noi, tra i presbiteri e i laici, tra le aggregazioni ecclesiali, perché siamo tutti testimoni veri del Signore Gesù.
Accolgo, trepidante, le attese di tanti, dei poveri soprattutto, nel timore di non riuscire a soddisfare ogni attesa. Su un giornale, oggi ho letto che i giovani, in particolare, si aspettano che il vescovo sia un amico e padre con cui riuscire a confrontarsi: aiutatemi ad essere così, venite a trovarmi, cercatemi se necessario, io ce la metterò tutta.
Mi confortano le tante persone, le tante famiglie, che in questi ultimi mesi mi hanno dimostrato in tanti modi di volermi bene, e hanno assicurato la loro preghiera, così preziosa specialmente quando nasce da ferite, sofferenze e infermità.
Ancora, alle quattro del pomeriggio, sento il bisogno di dimorare con il Signore per poter invitare anche altri e dire Venite e vedrete. Chiedo a tutti voi, in particolare alle persone consacrate, alle tante contemplative presenti in diocesi di sostenermi con la vostra preghiera perché impari sempre di più a stare con Lui e così adempia al solenne impegno preso sabato scorso di pregare, senza mai stancarmi per il mio popolo santo, ed esercitare in modo irreprensibile il ministero del sommo sacerdozio.
Se sappiamo fissare lo sguardo su Gesù, sapremo seguirlo, dimorare con Lui, e invitare altri a seguirlo. Un vescovo non può aspirare ad altro. Per questo, da oggi il mio tempo, la mia sollecitudine pastorale, tutto il mio affetto è per voi, carissimi fedeli della nostra bella diocesi di Fermo. Com’è scritto sui manifesti affissi in città: “Oggi entro nel vostro cuore e nella vostra vita come uno di voi e per voi guida e pastore”. Sono il vostro Vescovo, aiutatemi a diventarlo sempre di più.
Le radici però non si dimenticano.. Consentitemi perciò di ricordare e salutare le tante persone che oggi mi hanno condotto sino a voi, delle quali un nutrito gruppo è giunto fin qui a Fermo. Innanzitutto mi accompagna la mia famiglia alla quale sono debitore di avermi cresciuto, formato e incoraggiato nelle scelte fondamentali della vita. Non saranno certo 450 chilometri a separarci…
Saluto con affetto i vescovi presenti, il presidente della CEM, l’Arcivescovo di Matera-Irsina Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, con un nutrito gruppo di fedeli di varie comunità della diocesi. Vi chiedo di continuare ad accompagnarmi con l’affetto che sempre vi ha contraddistinto e che è un balsamo prezioso di consolazione.
Molti amici, trai quali tanti sacerdoti, alla spicciolata, sono giunti oggi qui da varie parti d’Italia: in loro rivedo tratti di storie personali, familiari, a volte anche dolorose che mi hanno edificato. Vi sono grato.
Infine, un abbraccio particolare agli amici della parrocchia di San Pio X in Matera, così numerosi. Non dimenticherò questo anno trascorso con voi, denso di impegni, collaborazione, amicizia, gratuità. Un anno, come una catechista ha scritto qualche giorno fa, trascorso quasi sulle montagne russe, per i tanti eventi dolorosi e gioiosi che ci hanno acocompagnato. Non aggiungo altro per non cedere all’emozione. Il nuovo parroco, don Domenico, saprà condurvi alla maturità cristiana e a “generare Dio” in voi.
A tutti voi qui presenti e, in particolare a quanti hanno lavorato per la riuscita di questa celebrazione e degli eventi connessi, dico semplicemente: grazie! E perdonatemi se ho dimenticato qualcuno.
Alle autorità qui presenti, rinnovo stima e rispetto per il servizio che rendete alla crescita umana della nostra comunità.
Domani, spenti i luccichii della festa, incomincia il lavoro quotidiano, quello più impegnativo. Non temo perché c’è Maria, la Madre dolcissima che Cristo Signore ha eletto a nostra difesa, a nostra avvocata, a madre di misericordia. Senza il suo aiuto, senza la sua tenerezza e la sua sollecitudine saremmo semplicemente perduti. La Madonna della Bruna che mi ha condotto a voi, la ritrovo qui a Fermo, Assunta in Cielo; a Lei, Madonna Nera, mi sono affidato mercoledì scorso al santuario regionale di Viggiano. Mi sento accompagnato dai suoi occhi regali e insieme materni, che tanto hanno affascinato le generazioni della terra lucana di cui anch’io sono figlio.
Per la gloria di Dio, sia Lei ad intercedere per me perché io sia immagine radiosa di colui che è “pastore e vescovo delle nostre anime” (1 Pt 2,25), il Cristo Signore, Figlio benedetto di Dio e Figlio di Maria, al quale unicamente vanno l’onore e la gloria, nei secoli dei secoli.
Amen. •

+ Mons. Rocco Pennacchio

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