Il Pallio a Mons. Rocco: segno di martirio

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L’omelia di mons. Emil Paul Tscherrig, Nunzio Apostolico in Italia

Cara Eccellenza Mons. Rocco Pennacchio, Arcivescovo Metropolita di Fermo,
Eccellentissimi Confratelli Vescovi,
Cari sacerdoti, diaconi, consacrati e seminaristi,
Autorità civili e militari,
Fratelli e Sorelle in Cristo,

Vi saluto cordialmente anche a nome del Santo Padre Francesco, che ho l’onore di rappresentare in questa nobile Nazione e che mi ha incaricato di imporre, durante questa solenne Eucaristia, il Pallio al nuovo Arcivescovo. Il Santo Padre è spiritualmente presente tra di noi ed imparte e a tutta questa Chiesa metropolitana la Sua Benedizione Apostolica quale pegno di vicinanza e sollecitudine paterna. Egli non manca mai di chiedere la nostra preghiera, non esiste scritto o saluto dove non ripete: pregate per me! E noi quest’oggi Lo ricordiamo al Signore con cuore sincero e fede zelante, perché l’Onnipotente Lo custodisca nel Suo santo servizio alla Chiesa di Dio diffusa in tutto il mondo.

Il vostro Arcivescovo Mons. Rocco ha ricevuto il 29 giugno scorso, nella festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Pallio dalle mani del Santo Padre Francesco. Questa felice ricorrenza ci offre la possibilità di riflettere brevemente sul significato del Pallio. Il Pallio è un paramento liturgico che l’Arcivescovo metropolita porta sulle spalle. Si tratta di una banda di lana bianca adornata di sei croci nere, di 6 centimetri di larghezza e di forma circolare. La lana con la quale il Pallio è confezionato proviene dagli agnelli di pochi mesi, benedetti dal Papa il giorno di Sant’Agnese, il 21 gennaio. Essi sono allevati dai Monaci Trappisti nel monastero di Tre Fontane, luogo dove è stato martirizzato San Paolo Apostolo, e la lana è poi consegnata alle Monache di Santa Cecilia a Trastevere per la tessitura. Si tratta di un segno antichissimo che i Vescovi di Roma, cioè i Papi, indossano dal IV secolo e simbolizza il giogo che Cristo carica sulle Sue spalle.
Secondo l’antica tradizione della Chiesa, tale Pallio, benedetto nella cappella della Confessione (martirio) di San Pietro, era imposto durante stessa celebrazione liturgica in Roma. Ora, il Santo Padre Francesco ha disposto che i nuovi arcivescovi metropoliti ricevano il Pallio dalle mani del Papa, ma che il medesimo sia imposto al metropolita dal Nunzio Apostolico nella sede dell’Arcidiocesi e con la partecipazione del popolo e dei Vescovi suffraganei. Questa è, pertanto, anche un’opportunità per ricordare e riflettere sulla missione dell’Arcivescovo Metropolita, che presiede una provincia ecclesiastica, in questo caso quella di Fermo, la quale è composta da varie Diocesi dette “suffraganee”. E come già sapete le Arcidiocesi suffraganee di Fermo sono Camerino – San Severino Marche, Ascoli-Piceno, Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia e San Benedetto del Tronto-Ripatransone–Montalto, i cui Vescovi ci onorano oggi con la loro presenza.

Con questo gesto solenne il Santo Padre desidera esaltare il vincolo di intima comunione che esiste tra il Papa, Successore di Pietro, ed i Vescovi, successori degli Apostoli, nonché di quest’ultimi con il clero, con i consacrati e con l’intera comunità dei fedeli. Allo stesso tempo la consegna del Pallio ricorda anche che il Vescovo è il primo missionario nella Diocesi un compito che Cristo ha affidato non soltanto agli Apostoli ed ai loro successori ma a tutti i battezzati.

Questa missione è soltanto possibile con l’aiuto e l’assistenza dello Spirito Santo, autore e motore di tutta l’evangelizzazione. I testi sacri appena ascoltati ci parlano di questa necessità. Il libro dei Numeri (11,25-29) riferisce che, un giorno due degli anziani costituiti da Mosè per aiutarlo nella guida del popolo erano rimasti nell’accampamento invece di andare alla “tenda”, luogo abituale delle manifestazioni del Signore. Ora ecco anche loro, pieni dello Spirito Santo, si mettono a profetizzare. “Intollerabile! Falli tacere!” dice Giosuè a Mosè. Ma Mosè risponde: “Assolutamente no! Si deve piuttosto ammirare la sovrana libertà di Dio che nulla può impedire. Insieme a me desiderate che un giorno tutti, senza distinzione, diventeranno profeti”.
La reazione di Giosuè non sorprende. Forse sarebbe stata anche la nostra, perché è abbastanza naturale comportarsi come se possedessimo il diritto esclusivo sui doni della grazia. Il Santo Padre Francesco menziona questo atteggiamento nell’Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”, chiamandolo “mondanità spirituale” (cfr. EG, 93ss). “Si tratta di un modo sottile, scrive il Papa, di cercare i propri interesse, non quello di (Dio)”. Una di queste forme è il fascino di una determinata esperienza di fede o di vita che tende ad escludere tutte le altre. L’altro atteggiamento confida unicamente nelle proprie forze ed i suoi aderenti si sentono superiori agli altri, “perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato” (EG, 94). Ciò che non corrisponde al loro stile di vita o a ciò che considerano essere la vera tradizione, non può essere frutto dello Spirito Santo. Mosè, invece, ha scoperto i multiformi doni della Spirito di Dio, la sua forza creativa e la sua irresistibile efficacia nella vita del popolo e nelle singole persone. Cosi è diventato testimone che lo Spirito Santo apre continuamente nuovi orizzonti, che né le tradizioni, né le leggi umane possono fermare.
Anche i Dodici hanno voluto impedire ad un uomo di scacciare i demoni nel nome di Gesù per il semplice fatto che non apparteneva al loro gruppo (Mc 9,38-43,45.47-48). Gesù risponde significando che né gli Apostoli, né la Chiesa hanno il monopolio del bene perché lo Spirito Santo opera pure oltre le nostre frontiere. Egli si manifesta in tutte le culture, religioni e popoli è spetta a noi riconoscere i suoi segni e le manifestazioni. L’Ecumenismo ed il Dialogo interreligioso si basano su questa reale presenza dello Spirito Santo, che è come il vento che soffia in piena libertà dove vuole e quando vuole.
Per questo motivo, Papa Francesco ci chiede di essere evangelizzatori con lo Spirito, cioè cristiani che si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo. Dobbiamo essere uomini e donne che pregano e lavorano. Una missione senza preghiera è inconcepibile. L’evangelizzatore ha bisogno di momenti prolungati di adorazione e di incontro orante con la Parola del Signore (EG, 262).
Il Vangelo odierno rileva ancora un altro punto importante da tener presente nelle nostre attività e cioè: nel giorno del giudizio Dio riconoscerà come suoi tutti coloro che avranno agito con carità nei riguardi degli altri. Al contrario, il cattivo esempio che diamo ai piccoli e ai deboli può essere causa di grave scandalo. Impressiona davvero il duro e severo giudizio di Gesù nei riguardi dei perpetratori di scandali, perché essi producono danni spesso irreparabili non soltanto a quelli direttamente coinvolti, ma a tutta la Chiesa. Perciò, il Vangelo non lascia nessun dubbio: tutto ciò che possa bloccare o frenare la crescita verso la vita deve essere eliminato senza esitazione. Insomma, la conquista del Regno di Dio è il vero e l’unico senso della vita per qualsiasi essere umano.
Spesso ci scoraggiamo tanto degli scandali nella Chiesa e nel mondo e siamo tentati di giungere alla conclusione che non vale la pena impegnarci, lavorare o essere discepoli missionari di Gesù ed attori attivi nella società. Il Papa scrive che l’esperienza del fallimento e della debolezza umana fanno tanto male. Ma per lui “La fede significa anche credere in (Gesù), credere che ci ama, che e vivo, che è capace di intervenire misteriosamente, che non ci abbandona, che trae il bene dal male con la sua potenza e con la sua infinita creatività. Egli avanza vittorioso nella storia insieme con quelli che stanno con lui… i chiamati, gli eletti, i fedeli (AP 17,14)” [EG, 278]. Ciò che conta per noi è vivere nel suo spazio di salvezza ed esporci al suo Spirito che viene per farci i suoi figli, per trasformarci e per renderci capaci di rispondere con la nostra vita al suo amore, che è offerto a tutti senza eccezione. Invitare anche gli altri a far parte di questo spazio di salvezza è la missione di ogni battezzato. Si tratta di trasmettere quella “gioia del Vangelo che riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”, comunicare che la salvezza offerta da Gesù libera “dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dal isolamento” (EG, 1). Significa vivere con la certezza che la nostra vita darà frutto, “ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando”. Chiunque lascia nel suo cuore spazio per lo Spirito di Dio “ha la sicurezza – afferma Papa Francesco – che non va perduta nessuna delle sue opere svolte con amore, non va perduta nessuna delle sue sincere preoccupazioni per gli altri, non va perduto nessun atto d’amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, non va perduta nessuna dolorosa pazienza. Tutto ciò circola attraverso il mondo come una forza di vita… Sappiamo soltanto che il dono di noi stessi è necessario” (EG, 279).
Stimato fratello Rocco, Lei ha ricevuto il Pallio come segno di comunione e di speciale unione con il Santo Padre. Il Papa Francesco La invita ad essere un pastore missionario, che sotto la guida dello Spirito di Dio annunzi la Parola del Vangelo per provocare la conversione ed il rinnovamento nella fede. Questa nuova uscita evangelizzatrice non deve essere ostacolata dalle tradizioni sterili ed irremovibili di coloro che dicono “si è sempre fatto così”, dai costumi oppure dal pretesto della pseudo antichità, perché chi esce da casa prende con sé il necessario e non tutti gli arredi domestici. La accompagno con la mia preghiera per il buon esito della sua missione e chiedo al clero, ai religiosi/e e a tutti i fedeli di voler collaborare attivamente nel rinnovato annunzio del Vangelo affinché la fede cresca ed il Signore sia conosciuto e creduto per ottenere in eredità la vita eterna.
I santi Arcangeli Michele, Gabriele e Rafaele, la cui festa abbiamo celebrato ieri, intercedano al cospetto di Dio per noi, per la Chiesa ed il mondo affinché regni la pace e la gioia del Vangelo illumini tutti e popoli e nazioni. Come ha fatto conoscere ieri il S. Padre a tutta la Chiesa universale, anche noi nel corso del prossimo mese di ottobre, mese tradizionalmente dedicato alla preghiera del S. Rosario, ci impegniamo a recitare questa preghiera mariana, chiedendo alla Madre di Dio di proteggere sempre la Chiesa dagli assalti del demonio che provoca divisioni da Dio e tra i fratelli. San Michele Arcangelo che ha sconfitto il Dragone infernale interceda per noi e ci liberi da ogni attaccamento al male. Amen. •

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