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Comunione e Separazione

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copertina-24Dolorosa come la separazione, anzi di più. Perché, alla fine, possono farsi una ragione del matrimonio finito male, ma non riescono a colmare quel vuoto più grande che resta nell’anima: la mancanza dell’Eucarestia. La questione della comunione ai divorziati e separati risposati, e ai rispettivi coniugi, è tornata di prorompente attualità.

Papa Francesco ha accettato di parlarne e gli otto saggi da lui nominati si stanno occupando anche di questa spina conficcata nel cuore di uomini e donne, che vorrebbero continuare ad essere completamente parte integrante del popolo di Dio, ma che invece non si possono accostare al sacramento più importante, e anche a quello della confessione. Misericordia, perdono, amore sono parole che negli ultimi mesi vengono ripetute infinite volte, valgono da sempre per tutti, meno per coloro che hanno nell’armadio della propria esistenza lo scheletro di un matrimonio finito male.

La diversità la sperimentano soprattutto nella messa. Come tutti gli altri, ascoltano la parola di Dio, aprono il cuore nel momento dell’offertorio, durante la consacrazione si sentono vicini a Gesù, ma per loro quel pane spezzato, al momento della comunione, non c’è. Quanto è brutto vedere che tutti si alzano, ingrossano la fila che si incammina verso l’altare, mentre loro non possono farlo. Capita anche di essere i soli a rimanere seduti e, allora, la comunione spirituale non basta e le domande si accavallano nella mente.

Perché chi si macchia del più efferato omicidio, addirittura uccide il padre o la madre, può pentirsi e riaccostarsi a Gesù eucarestia? Perché chi tradisce più di una volta il coniuge (o magari lo bastona spesso in casa) può confessarlo e ricevere l’ostia? Perché può farlo anche il mafioso (chissà se avrà mai ammesso tutti i suoi delitti), il corrotto o chi evade sfacciatamente le tasse?

Tutti possono andare a confessarsi e tornare a una vita di fede normale. I divorziati e separati risposati, invece, no. Anzi, a qualcuno che si è ‘azzardato’ a inginocchiarsi in un confessionale è capitato anche di venire cacciato. Sì, cacciato. Ma come è possibile, se Gesù accoglieva anche i lebbrosi e le prostitute? Se lui ha perdonato il tradimento di Pietro e ha atteso fino all’ultimo il pentimento di Giuda, perché chi ha cercato una seconda possibilità matrimoniale – spesso dopo aver subìto e non voluto, una separazione – non deve neanche essere considerato l’unica pecora mancante, degna di essere recuperata e riportata nello stesso pascolo terreno dove si trovano le altre novantanove? Perché quella disposizione “non osi l’uomo separare ciò che Dio unisce” si applica senza le attenuanti riconosciute, invece, anche a chi non rispetta, addirittura, le dieci leggi da sempre più importanti di tutte?

Tanti separati e divorziati risposati dimostrano la loro sincerità e la loro voglia di vivere una vita di fede uguale a tutti gli altri, apprezzando e partecipando alle aperture fatte dalla Chiesa negli ultimi anni, come quella nella nostra diocesi che offre loro un cammino particolare attraverso gli incontri a Villa Nazareth con l’attento e qualificato accompagnamento di don Enrico Brancozzi. Chi vi partecipa ha anche sperimentato la sensibilità del vescovo Luigi Conti, manifestata molto tempo prima delle belle parole pronunciate da Papa Francesco. Sono segni che danno speranza, i separati e divorziati risposati – e i rispettivi nuovi coniugi -, mossi dal sincero desiderio di poter essere riammessi un giorno al banchetto eucaristico, rifiutano la scorciatoia di andare a messa dove il celebrante non li conosce per accostarsi lo stesso alla comunione, e aspettano con fiducia che i tempi della riammissione si compiano. •

Stefano Cesetti

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