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Fermo, S. Marco: Ciambelle e uova pinte

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Per molti anni ho creduto che il giorno di Pasqua fosse il più lungo dell’anno forse perché il sole era ancor basso nel cielo quando dalla camera da letto sentivamo l’acciottolare delle stoviglie in cucina. Mia nonna da brava “vergara” si alzava prima di tutti per ultimare i preparativi che avrebbero portato al pranzo coi parenti.

Non le importava tanto dei vincisgrassi o dell’agnello, il piatto che più le premeva era la ciambella di Pasqua. Quei pochi ingredienti: lo zucchero, le uova, il mistrà e l’olio mescolati insieme davano una grande massa che prima veniva lessata e poi messa al forno. A me, che aspettavo questo giorno con impazienza, era giusto concesso di “abbuturarle” e di inciderne la superficie prima della cottura. Ricordo che i buchi non venivano mai uguali e così una volta messe a tavola col vino cotto era facile riconoscere chi le avesse fatte. Per noi bambini era fonte d’orgoglio essere ammessi a certi rituali che a nostra nonna stessa erano stati tramandati e che mai erano andati dispersi sebbene avesse vissuto anche gli anni della guerra.
La semplicità di queste ciambelle le rendevano le regine indiscusse della tavola e portavano la gioia sui visi dei commensali.
Intanto che queste venivano cuocendo noi bambini, che non volevamo stare fermi di fronte a tanto fervore, utilizzavamo le uova rimaste per fare gli addobbi per la tavola.
Avremmo potuto usare le tempere o gli acquarelli di cui eravamo dotati, ma sempre mia nonna, mi aveva insegnato che il colore che danno alle uova l’acqua della cicoria e delle rape è un colore unico. Il giallo e il verde permeavano nel guscio e le rendevano pronte e perfette ai disegni più bizzarri fatti rigorosamente col carbone che conservavamo dalla notte precedente. Era bello indicare chi si sarebbe seduto con noi a tavola. Nel nostro piccolo era una gara a chi rendeva questo giorno più speciale.
Oggi queste tradizioni pulsano vive nel mio cuore e mi rendono una persona più ricca. Quei colori e quegli odori che si spandevano nell’aria mattutina continueranno a riempirmi la testa, e io saprò che finché non dimentico il vero valore della Pasqua mi accompagnerà. •

Giulio Lasalvia

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