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Valori di una terra di Marca

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Tre minuti di parole, di suoni, di immagini per capire l’incanto di un mondo.

«La terra che ti ama e ti innamora». Sono gli ultimi versi di una poesia divenuta testo di canzone, e video che corre in rete.
Le parole sono di Piero Palmarocchi, insegnante; le musiche e la voce di Enzo Sartori, chitarrista e compositore (ha curato le colonne sonore di alcuni film e ha già musicato poesie di altri autori); le immagini di Clelio Pagnanelli.
E’ uno spaccato, stupendo, della Terra di Marca senza «frontiere» o separazioni.
Loreto, Quintodecimo, Ascoli, Fermo, Urbino, Leopardi, le rievocazioni storiche, le olive ascolane…. Eppoi: i Sibillini, la corona della profetessa, l’Adriatico piccolo mare. Un tutt’uno.
Tre minuti per un affresco di grazia e bellezza: lo sguardo verso il mare… il salire lento la montagna… il profumo delle colline… il pensiero che si confonde… il velo bianco delle spose… l’amore del per sempre… il ritrovare un sentimento profondo dentro di sé… la storia lontana… le radici più profonde.
Sartori e Palmarocchi sono di Montegiorgio, legati da vecchia amicizia, dalla passione di camminarla, questa terra.
Se fossimo presidenti di GAL, di Camere di Commercio, di Marche fermane, non avremmo dubbi nel premiare «Terra marchigiana» come uno dei migliori spot per la comunità regionale. Ma chissà se i nostri autori accetterebbero. Ne conosciamo umiltà (vera) e riservatezza.
Se fossimo gestori di camping o di alberghi e B&B ne chiederemmo una copia da proporre ai clienti, come un volo d’aquila che coglie nord e sud, altezze e profondità. Se fossimo gestori di cinema lo inseriremmo come apertura d’ogni proiezione estiva.
«Un mondo che più non c’è» canta Enzo, con nostalgia e malinconia, come intriso da una certa Saudagi brasiliana.
E’ una frase che fa riflettere.
Perché quelle bellezze non ci sono state scippate. La Priora c’è ed anche la Sibilla, il palazzo del Duca lo stesso, così come l’Aquila di Fermo… E i rapporti seri tra la gente, sotto traccia, poco o nulla raccontati dai cronisti, esistono ancora o, quantomeno, sono vagheggiati, cercati. Sperati.
Cos’è quel movimento di agricoltori aderente a Rocca Madre se non il desiderio forte di un altro modo di produrre ma soprattutto un altro modo di intender la vita? E’ civiltà diversa.
Cos’è quel manipolo di persone che testardamente insiste sulla Dieta mediterranea se non una scelta di civiltà altra?
Cos’è quel libro dal titolo emblematico «Solchi. Uomini, donne, terre, animali» se non la riproposizione di un modo d’essere e di intendere le cose? («Solchi» sarà presentato il 15 luglio a Grottazzolina nella piazzetta del Castello).
Cos’è il volume «Il muratore di Dio» che l’autore, Vincenzo Varagona, presenterà il nove agosto a San Leonardo di Montefortino, se non la vita di un cappuccino che ha scelto pace e serenità su una delle nostre più belle montagne?
C’è un ripiegarsi intimista, una chiusura utopica o modaiola? Qualcuno se lo chiede.
Ma dallo chalet Calypso o dal teatro di Porto San Giorgio arriva una risposta. Il prof. Cesare Catà ammalia centinaia di persone che ascoltano lui e i suoi proporre Shakespeare, Tolkien, ed altri stranieri.
Solo chi ha una identità radicata riesce a confrontarsi al meglio con i più grandi scrittori.
Identità che è apertura al mondo. •

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