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Nota in morte di Padre Amorth

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Quando si parla di “realtà”, e cioè si usa una categoria già incerta per il nostro stesso mondo, e la si applica poi a mondi ed entità che si discostano incommensurabilmente dal modo di essere e di “funzionare” della nostra concreta “esistenza”, occorre sempre fare attenzione alla potenza e ai limiti del linguaggio. Tanto è vero che questi mondi vengono considerati esistenti da taluni, immaginari da altri, virtuali da altri ancora, ma legittimamente e a pari merito.
Operari sequitur esse, annotavano i filosofi medievali: nel senso che, “dato” un dato essere, seguono di necessità certe operazioni. Ma ciò è applicabile con tale sequenza (inversa rispetto al testo latino) solo nel circuito della nostra esistenza materiale. Per altri contesti, come per gli ipotizzati mondi “esterni” a noi, non abbiamo di fronte e in vista preliminarmente alcun esse, ma solo degli operari che non riusciamo o non possiamo (e non detto che non vogliamo) attribuire all’autonomia del mondo che abitiamo.
Gli entia (enti) che sostengono tali operari non sono, però, descrivibili con il linguaggio né con l’immaginazione e non possono “essere” omogenei od omologabili con gli enti dei quali abbiamo esperienza (di Dio stesso, ad esempio, non si può nemmeno dire che “ex-siste”, perché questa locuzione è già una “marca” connotativa qualitativo-quantitativo-identitaria). Non per questo, tuttavia, la “consistenza” di tali entia è da considerare una pura estrapolazione o illazione, potendo darsi all’intelletto come un quid situato oltre l’empiria ma non contra rationem. L’esse del diavolo fa parte di questo ambito non necessariamente immaginario, e la sua “essenza” ed azione non sono necessariamente un’ipotesi ad hoc per spiegare l’inspiegabile dispiegamento del negativo.
In questo caso, cioè nel caso del diavolo appunto, ciò che ne avvia l’ipotesi – o ben più che ipotesi – d’esistenza è quella, quasi universalmente percepita, inspiegabile eccedenza tra l’esse limitato dell’uomo e il suo malum operari, che appare veramente illimitato, se non infinito. Ecco allora che dietro alla suggestione di essere dio a se stesso, fino alle estreme conseguenze planetarie; dietro alla suggestione della regia del “tumulto” dionisiano-daimonico nel gestire i moti della psiche; dietro alla suggestione dell’infinita sottomissione alle libidines dominandi, cupiendi et possidendi; dietro al richiamo fascinoso della “disfatta” come codice di decifrazione della vita, e della vita stessa come perfezionamento della disfatta medesima; dietro alla pratica estenuante del vizio assurto sistematicamente a virtù; dietro alle soppressioni, oppressioni, violenze, violazioni e manipolazioni dell’uomo in modi e misure mai visti prima (nonostante il declamato progresso di cui si parla invano sui vari palcoscenici); dietro alle avversioni fatte fermentare fino al disprezzo; dietro al contagio delle infinite malattie dell’animo che vanno dalla noia alla “nolontà”, ai guizzi dell’unicismo e del superomismo, all’anodinia e adinamia e anedonia degli esistenzialismi, al culto della morte e di un nichilismo allegro e ghignante; dietro alle deliberate rinunciatarie (se non mendaci) partiture scritte per la struttura del mondo; dietro alla degradazione della realtà mediante rappresentazioni inutilmente insultanti; dietro a una pervadente e insistente schizofrenia del dire e del sentire imposta da un Ego imbecillus sed omnipotens (in sintesi: “Io” non sono niente, “Io” non valgo niente, ma “Io” mi ritengo tutto – fenomeno del tutto nuovo, a partire dalle prime ere post-medievali); dietro a tutto questo, e a molte altre ossessive debilitazioni, non per evadere, ma per intendere, qualcuno “vede”, con ottima saturazione logica, uno strano “propulsore”, un amministratore iniquo che si è insinuato nel nostro condominio: l’amministratore del nulla, il “principe di questo mondo che ha in suo potere tutti i regni della terra”. Egli insinua, divide, suggerisce le soluzioni peggiori, soprattutto amplifica le onde comportamentali negative dei singoli e dell’intera società, in modo che il terremoto che ne consegue faccia crollare tutto. Questa è la parassita figura intravista e che chiamiamo diavolo.
Bubbole? Può darsi.
Certo è che l’umanità, almeno fino ad oggi, e ab immemorabili, non ha fatto altro che avanzare “allegramente” sulla via del negativo; anzi, proprio a partire dagli ultimi secoli, quando le sembrava di essersi affrancata dalle impaccianti e superstiziose credenze medievali, sta accelerando il suo precipitare nel buco nero, senza che quasi nessuno muova, o tenti di muovere, o riesca a muovere, una paglia per invertire la rotta. Non ci vuole molto per convincersene, basta dare un’occhiata in giro per il mondo. Non sarà, tutto ciò, il frutto di un’accorta regia del male, però non è certo in atto una “contro-regia” nei riguardi del male stesso; dunque, come accade ai due poli di una dualità prevista dalla fisica dei quanti, una regia attiva o l’assenza di una “contro-regia” possono essere (anzi sono) “diabolicamente” la stessa cosa.
Piuttosto è patente una “contro-contro-regia” culturale, mediatica, politica, sociologica, economica ecc., tesa ostinatamente a contrastare chi al peggio che avanza intenda porre qualche ostacolo positivo. E questo è un indizio molto pesante circa lo stato della “diabolizzazione” del mondo, perché la strategia posta in essere mira innanzitutto a depotenziare e disabilitare le residue energie di resistenza al negativo.
E fino a qui non s’è parlato né di fede né d’esperienze religiose, né di tradizioni né di scritture sacre. •

Leggi anche l’intervista a Padre Luciano, l’esorcista della nostra diocesi

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