Montegiorgio: giovedì grasso al teatro Alaleona
Nel sud Marche sono scroccafuse, al nord prevale il maschile. Resta il fatto che senza questo dolce il Carnevale non è tale.
“Rocce” sfrangiate di pasta passate nell’acqua che bolle, quindi fritte, e subito dopo immerse nell’archemes (il rosso che attira), con pioggia di miele. Una delizia!
I giovedì grassi di Montegiorgio si passavano al teatro Alaleona.
Nelle pause del gran ballo, quando le orchestrine riprendevano fiato, e quando i coriandoli lanciati in platea arrivavano quasi al mezzo stinco dei danzanti, nei palchetti si mangiava la scroccafusa magari con qualche coriandolo piovutovi sopra.
A volte, Carnevale arrivava grosso modo con il Festival di Sanremo. Le famiglie si riunivano per assistere al grande spettacolo. Era, allora, che, tra un debutto canoro e una conferma, le signore di casa preparavano le frittelle oppure i limoncini (molto meno, però) o chiacchiere.
Un altro dolce tipico era – anche qui c’è discordanza sul nome – le frappe o sfrappe: uova, farina, mistrà, latte, lievito.
Dalle abitazioni private ai monasteri. In quello delle benedettine di Santa Maria del Monte di Bevagna (provincia di Perugia), come ricorda l’amico e storico del cibo Tommaso Lucchetti, tra le ricette tradizionali c’erano «“le frappe”, “dolci melati assai antichi”, chiamati dal gergo di sartoria come gli orli merlati ed arricciati che le donne mettevano alle sottane». Negli anni ’70 del Novecento, suor Maria Crocifissa spiegava – è sempre Lucchetti a raccontare – che queste leccornie «fanno molta figura e con esse bisogna stare attente ed essere molto delicate a trattarle, perché si rompon tutte da quanto son leggere».
Ad accompagnare i nostri dolci c’è sempre il vino cotto e il Varnelli.
«Forse proprio in previsione di un lungo periodo di astinenza – scrive Manuela Di Chiara nel suo magnifico Ricette Ricordi Racconti – i dolci tradizionali del Carnevale sono sempre stati molto ricchi e sostanziosi».
Ma dov’è finito il Carnevale? Oggi ce n’è un pallido ricordo, una forzata allegria che al fondo allegria non è.
Il Carnevale è «oggi moribondo – risponde Alfredo Cattabiani in Calendario – nonostante gli sforzi di richiamarlo in vita artificialmente, come tutte le feste che sono diventate semplici occasioni di comportamenti “festosi” perdendo la loro peculiarità».
Nel mondo dove tutto è eguale a tutto, dove la festa è diventata il giorno del non lavoro – e qui Pasolini ha dato giudizi insuperati – e dunque del consumo, c’è poco di festa. Consoliamoci con sfrappe, scroccafuse e frittelle. •