Il cibo segno di identità nazionale e regionale: cicerchiata, sfrappe, frittelle, castagnole, arancini
Il cibo non mancava nelle cucine dei signori, come non mancava nel contesto artistico. Si prenda ad esempio il mosaico del Masaccio, “La cacciata dei progenitori dall’Eden”, dove Adamo ed Eva sono colti a mangiare “due fichi dolcissimi”. Dei fichi dunque, delle cui foglie hanno poi fatto le loro vesti e a causa dei quali sono stati cacciati dal Paradiso terrestre.
È opinione comune ormai credere che gli italiani siano un popolo dal grande gusto culinario e forse è proprio vero se le nostre stesse favole parlano di cibo. Come in Pinocchio, di Carlo Collodi, quando il burattino si siede a tavola col Gatto e la Volpe e li vede ingurgitare triglie, trippa, lepri dolci e tantissimo altro. E come dimenticare la letteratura, quando Manzoni racconta di quella “polenta bigia” che viene offerta a Renzo in casa del suo amico Tonio.
Il cibo è diventato ormai un segno di identità, non solo come italiani, ma anche a livello regionale. Ogni regione propone le sue particolartà a livello culinario. Soprattutto per quanto riguarda le festività. In occasione del carnevale in ogni regione si corre ai fornelli per preparare il proprio cavallo di battaglia. L’ultima grande abbuffata dolciaria prima della Quaresima, tempo di privazione e digiuno. Nel marchigiano abbiamo la già citata cicerchiata; le tradizionali sfrappe condite, per chi volesse, da un filo di alchermes; le frittelle, delle palline di pasta frolla fritte e zuccherate; le castagnole; ormai tutte pietanze che sono parte integrante della nostra cultura. •