Fermo: celebrato il 50° anniversario di ordinazione
Una festa: il 50° di ordinazione sacerdotale. Semplice, sobria, sentita. Sabato 11 marzo nell’abazia di S. Marco alle Paludi di Fermo si sono ritrovati i sacerdoti ordinati nel 1967. Mancavano all’appello due sacerdoti malati, uno defunto e uno che ha scelto di sposarsi. All’inizio della celebrazione, don Vinicio Albanesi, uno dei festeggiati che presiedeva l’eucaristia in quanto parroco di S. Marco, ha presentato i suoi compagni di avventura: don Giuspeppe Giuli missionario a Macao, in Cina; don Cesare Di Lupidio, parroco emerito a Porto Potenza Picena; don Valeriano Porto, parroco a Capodarco; don Agostino Taccari, collaboratore nella parrocchia di S. Domenico a Fermo; don Saverio Emiliozzi, parroco da sempre nelle Ville d’Ascoli; mons. Angelo Fagiani, vescovo emerito di Camerino.
Doveva presiedere l’eucaristia il Vescovo, ma per sopraggiunti impegni è stato sostituito dal Vicario Generale don Pietro Orazi.
Durante l’omelia don Vinicio ha tratteggiato la storia di questi sacerdoti ordinati in un’età “troppo giovane”. Sono entrati in seminario a 10/11 anni. Hanno percorso i 13 anni di formazione sempre chiusi dentro il seminario. Si sono ritrovati ad essere preti, forse a loro insaputa. Forse erano incoscienti. Ma la storia di ciascuno li ha portati poi a scegliere di servire Cristo risorto, a diventare forti nella fede che la vita richiedeva ad ogni svolta imprevista.
Don Vinicio ha ringraziato anche i presenti perché, ha detto, “dietro ogni prete ci sono tante persone che lo stimano, lo accudiscono gli sono amici”.
Erano presenti in molti alla liturgia di ringraziamento, provenienti da ogni parte per festeggiare i sette presbiteri.
Durante i 50 anni di vita ministeriale chissà quante persone avranno conosciuto! Quanti volti saranno passati davanti a loro. In tutti sono riusciti a vedere l’impronta del Creatore e trovare nuova linfa per portare avanti la loro missione non sempre facile, soprattutto per i cambiamenti epocali di cui sono stati testimoni. Il dono del sacerdozio per la chiesa fermana significa la presenza reale e misericordiosa di Dio che trova la sua completezza-avvenimento, nella celebrazione dei Sacramenti, fonte di carità che offre conforto e speranza a quanti sono nella necessità di essere aiutati, sia nella vita spirituale che materiale di ogni giorno.
Attraverso loro il Signore si è manifestato pastore buono, umile, serio attento alle esigenze delle persone. Hanno seminato la Parola di Dio, hanno insegnato che la fede non si esaurisce nei riti e nel culto della domenica, perché una fede priva delle opere è un’illusoria testimonianza di quell’amore che si celebra nella liturgia. Questo vuol dire aprirsi verso il mondo, vedere nei fratelli in difficoltà il volto sofferente di Cristo che ha dato la propria vita per ciascuno, anche per coloro che non credono e che si professano atei e non chiudere gli occhi di fronte a tanti drammi.
La fede, il progresso e la crescita nel ministero, la perseveranza si fondano sempre sulla Croce, su «Cristo crocifisso: scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani» (1Cor 1,21.23). Sono rimasti fedeli per 50 anni ad una promessa fatta alla Chiesa perchè hanno tenuto, come dice la Lettera agli Ebrei, «fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento», senza stancarsi né perdersi d’animo.
La storia di mons. Angelo Fagiani è una storia che riassume questa fedeltà. Eletto vescovo ha dovuto mettersi accanto alla popolazione di Camerino colpita dal terremoto, poi un ictus lo ha inchiodato ad un letto e ad una carrozzina dove continua a esercitare il suo ministero di diacono, sacerdote e vescovo.
Nei volti dei sette festeggiati, magari segnati da qualche ruga, non c’è spazio per il rimpianto o per il rimorso. Sono felici. Sono contenti di aver scelto Cristo. Sono vivi perchè hanno scelto di imitare colui che ha detto: “Io sono la via la verità, la vita”. •