Riflessione si, rivendicazione no

La donna nella Chiesa: una sotto-missione?

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La donna è già da sempre al servizio della vita e dell’amore

Papa Francesco  ha istituito una Commissione di studio sul diaconato femminile, ritenendo che  le diaconesse rappresentino “una possibilità per oggi”. Se la Commissione sarà benevola verso il diaconato femminile, si riaprirà una prospettiva con conseguenze inimmaginabili.
C’è da ricordare che il diaconato è il primo grado dell’ordine sacro, seguito dal sacerdozio e dall’episcopato. I diaconi possono amministrare alcuni sacramenti tra i quali il battesimo e il matrimonio e in alcuni paesi ci sono intere regioni nelle quali sostituiscono ormai i sacerdoti nella guida delle comunità parrocchiali.
Solitamente, di fronte al tema della missione della donna nella Chiesa, l’attenzione viene posta soltanto sulle funzioni o sui ministeri della donna, su ciò che fa o non fa, su ciò che può o non può fare e, in  ultima analisi, sul dibattuto tema  del sacerdozio alle donne.
Il tema è sicuramente importante  e va considerato con serietà teologica, con ampiezza di vedute anche da parte delle donne stesse che non si rinchiudano solo in  una prospettiva funzionale.
Che cosa dice la Chiesa a proposito  del ruolo della donna?
Che cosa possono dire le donne a  proposito del loro ruolo nella Chiesa, dato che i documenti della  Chiesa sono scritti da  uomini con la visione maschile della realtà?
Rileggendo a tal proposito i documenti, si trovano tra essi, quali Gaudium et Spes e Apostolicam  actuositatem, alcuni pronunciamenti, in cui si tratta il tema della dignità della donna e la sua vocazione.
Il messaggio finale del Concilio stesso afferma che «Viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora in cui la donna acquista  nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai  raggiunto. È per questo che, in un  momento in cui l’umanità conosce  una così profonda trasformazione,  le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l’umanità a non decadere».
Già prima del  Concilio vi era questa attenzione in non pochi discorsi  del Papa Pio XII e, a seguire,  nell’Enciclica Pacem in terris di  Papa Giovanni  XXIII.
Dopo il Concilio Vaticano II, Paolo  VI ha ribadito il significato di tutto questo come «segno  dei tempi», attribuendo il titolo di Dottore della Chiesa a santa Teresa di Gesù e a santa Caterina da Siena e  istituendo, su richiesta dell’Assemblea del  Sinodo dei Vescovi  nel 1971, un’apposita Commissione, il cui scopo era lo studio dei problemi contemporanei riguardanti la «promozione effettiva della dignità e della responsabilità delle donne».
Nel 1987  fu indetto un sinodo  che si occupasse della vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo.
I padri sinodali ritornarono sul  tema della donna proponenedo l’approfondimento degli aspetti antropologici e teologici necessari a risolvere i problemi relativi al significato e alla dignità dell’essere donna e dell’essere uomo.
Nel 1988 Giovanni Paolo II affrontò   questo tema dei fondamenti antropologici nella Lettera Apostolica sulla dignità e sulla vocazione della donna, la Mulieris dignitatem.
Il documento rispondendo alla  richiesta dei Padri sinodali, riprende e specifica le riflessioni della catechesi del mercoledì che Giovanni  Paolo II aveva dedicata per lungo  tempo alla «teologia del corpo» e,   nello stesso tempo, adempie anche una promessa fatta, il ruolo o la missione della donna nella Chiesa, nell’Enciclica Redemptoris Mater del 1987.
In questo documento il Papa approfondisce la tematica della maternità di Maria come Madre del Redentore e Madre della Chiesa e come «prima credente» che, proprio con la sua fede di sposa e di madre vuole agire su coloro che le si affidano come figli.
Questa dimensione mariana della  vita cristiana, seguendo il pensiero di Giovanni Paolo II, pone in luce il rapporto della donna con la sua condizione.
Nel 1988, l’esortazione post sinodale Christifideles laici, riprende il  tema della missione della donna nella Chiesa ponendolo nel più ampio contesto dell’apostolato dei laici.
Come viene visto  dalla Chiesa il ruolo della donna, secondo   questo documento globalmente completo e riassuntivo?
Si parte dai fondamenti antropologici e teologici. Si ricorda che dalla parola e dall’atteggiamento di Cristo, risulta con grande chiarezza che nessuna discriminazione esiste sul piano del rapporto con Cristo, nel quale «non c’è più uomo  né donna, poiché tutti voi siete uno  in Cristo Gesù» (Gal 3, 28) e sul piano della partecipazione alla vita e alla santità della Chiesa e si ricorda che grazie al Battesimo e  alla Cresima, la donna come l’uomo, è resa partecipe del triplice ufficio di Gesù Cristo Sacerdote, Profeta, Re, e quindi è abilitata e impegnata all’apostolato fondamentale della Chiesa cioè l’evangelizzazione.
In questo apostolato, la donna è chiamata a mettere in opera i suoi «doni» che le sono propri: il dono che è la sua stessa dignità personale, mediante la parola e la testimonianza di vita; i doni  connessi con la sua vocazione femminile, la trasmissione della fede, non solo nella famiglia ma anche nei  diversi luoghi educativi e, in tutto ciò che riguarda l’accoglienza della Parola di Dio, la sua comprensione e la sua comunicazione, anche mediante lo studio, la ricerca e la docenza teologica.
In  particolare, poi, vengono riproposti nel documento, i due grandi  compiti a lei affidati: il compito di dare piena dignità alla vita matrimoniale e alla maternità e il  compito di assicurare la dimensione morale della cultura  degna dell’uomo, della sua vita personale e sociale.
Quest’ultimo compito ha un versante sociale ed ha un’anima ecclesiale, in quanto nasce e si  sviluppa dall’ufficio profetico di  Cristo e della Chiesa vissuto in  modo peculiare dalla donna.
La Christifideles laici indica come   «urgenza storica indilazionabile» la partecipazione della donna all’ufficio profetico e come ribadito dallo stesso Papa Francesco, la donna sembra avere una specifica sensibilità, grazie alla speciale esperienza  della sua maternità, per l’uomo e  per tutto ciò che costituisce il suo  vero bene, a cominciare dal fondamentale valore della vita.
Pensare di riproporle il  diaconato, è una semplice conseguenza.
La Chiesa viene generalmente detta “popolo di Dio” vive il mistero  della maternità, della sponsalità, a ragione della femminilità.
Per le donne allora parlare di Dio, annunciare la sua Parola, prende, inevitabilmente, il sapore della testimonianza: si accoglie, si fa crescere, si dà vita, in poche parole, la teologia si fa preghiera.
Auspichiamo allora che la Chiesa apra al diaconato femminile perchè le donne sentono nella propria ragion d’essere la felice vocazione al servizio della Chiesa e dei fratelli. •

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