Dalla tavoletta di Zaccaria si sprigionano tanti messaggi
Quando Don Nicola mi ha chiesto un contributo sul nome “GIOVANNI”, ho ritenuto che fosse abbastanza agevole affrontare il compito. Ma poi tra Bibbia, esegesi, teologia, mistica, morale, spiritualità, storia, tradizioni, agiografie, linguistica, simbologia, letteratura, geografia, patristica…, mi sono dovuto ricredere. Meglio di no! Però la cosa mi intrigava, e allora ho deciso per qualche frammento di ricordi personali e di conoscenze apprese qua e là.
Comincio con quando ho appreso di chiamarmi Giovanni (Giò Giò). Il nome mi sembrava lungo e diverso dagli altri, quasi tutti terminanti in “o”. Non dico che mi pareva plurale, ma quasi; certo non lo capivo. “Giovanna”, invece, come nel caso di mia nonna, era più chiaro.
Anche mio nonno si chiamava Giovanni, detto Nannì, morto nella stessa data della mia nascita, ma tre anni prima. Coincidenze strane. Nannì, però, mi pareva brutto, rustico, marginale. Tanto è vero che la gente “in”, nel senso di alto-locata, quando vuole fare un contratto di Giovanni non dice Nannì, ma Nanni (è tutt’altra cosa, leggero, aperto, nobile… intelligente! Vuoi mettere!)
Ma basta così. Il parroco di Smerillo si chiamava Don Giovanni, e quel Don – quasi un suono di campana – riscattava un po’ – come dire? – la pastosità densa di Giovanni. Poi ho scoperto tanti amici Giovanni, o Giovanni Battista, o Giambattista o Gian Battista e, soprattutto, ho scoperto i santi.
Interminabili nomi di santi, e non sapevi veramente a quale santo rivolgerti o votarti. Ritenevo più elegante San Giovanni Evangelista, rispetto al Battista, soggetto piuttosto ostico, grandioso, coriaceo, tutto d’un pezzo, il primo santo santificato da Gesù stesso quando era ancora nel grembo materno. Annunciato dall’Angelo, “precorritore” del Nazzareno. Che tipo ragazzi! Non aveva paura di niente. Affascinante, ma anche un po’ scostante, troppo in alto, troppo inimitabile.
Mi incuriosiva l’appellativo di San Giovanni Crisostomo, e con gli anni ho appreso che significa uno che ha l’eloquenza d’oro. Grande padre della Chiesa, ne ascolto spesso i detti, i discorsi. Che periodo assiale, quando le menti erano veramente capaci di elevarsi, con tutto l’essere! Che squallore quello odierno, nel quale il nostro essere, quasi ridotto in cenere, viene ogni giorno gettato nella Geenna. Mah!
Successivamente c’è stata la scoperta più grossa: il significato del nome: dall’ebraico Yehohanan, composto da Yoh o Yah che è l’abbreviazione di Yahweh (nome proprio di Dio) e da hanan che vuol dire “ebbe misericordia”, ossia letteralmente “Dio ha avuto misericordia”, o anche “dono del Signore”. Chiedo venia agli esegeti di eventuali imprecisioni. Questa scoperta mi mise in crisi: come ha potuto, come può questo nome identificare la mia persona? La misericordia la imploro tutti i giorni, ma “dono del Signore”… Hanno allora ragione i nominalisti che sostengono che il nome altro non è che un flatus vocis? Non vorrei, preferirei un po’ di realismo, ma come fare a tener fede al programma del senso?
Sconfortante fu, invece, un’altra scoperta: che anche Annibale ha lo stesso significato, riferito ovviamente al dio Baal. È che avevo considerato sempre Annibale una specie di mostro – complici un po’ le insegnanti elementari?
Ebraico, cristiano, pagano, un nome comunque enorme, uno dei nomi certamente più diffusi del mondo, in tutte le sue varianti. Un nome che si è impadronito di tradizioni, anche magari precristiane o addirittura magiche, perché capace, con la sua straordinaria possanza, di ogni opera di inculturazione o acculturazione.
Un nome da solstizio d’estate, se il nome di Gesù che nasce è quello che riscatta il significato del solstizio dell’inverno, quando il sole (sol invictus) ricomincia a salire sull’orizzonte, dopo un apparente terribile sprofondamento. D’altra parte, se Santa Elisabetta (la madre di San Giovanni Battista) era già incinta al sesto mese, quando l’Arcangelo Gabriele portò l’annuncio a Maria, la nascita del figlio di Zaccaria deve essere posta esattamente sei mesi prima di quella del Bambino di Betlemme, e dunque al sostizio d’estate.
Ed è stato così che San Giovanni Battista, impadronendosi di quei giorni, ha messo in fuga le malie magiche che negli stessi si davano convito, santificando invece i poteri salutari della rugiada, dei fiori e delle erbe, da lui benedette durante la notte più corta dell’anno. E con quanta gioia e allegria la mattina della festa del santo praticavamo le abluzioni con l’acqua esposta alle stelle e nella quale galleggiavano petali di rosa, spighe di lavanda, foglie di menta. Sembrava effettivamente di rinascere, o che qualcosa dentro di noi si rinfrescasse.
E come dimenticare l’erba di San Giovanni, quell’Hypericum perforatum che tanti benefici effetti ha sulla salute mentale e fisica?
Viva, dunque, San Giovanni Battista ed evviva! si levi diretto a tutti i San Giovanni! •
Giovanni (sic!) Zamponi