Fa assaporare il gusto della Parola spezzata

Stampa l articolo
Ho conosciuto mons. Luigi Conti in occasione del mio incarico di delegato dell’Azione Cattolica Italiana per la Regione Marche. Lui era presidente della CEM (Conferenza Episcopale Marchigiana) e Vescovo della Diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia ed era l’anno 2005.
Di certo non sapevo, né potevo immaginare che dopo qualche tempo sarebbe divenuto Arcivescovo in Fermo. Il primo incontro con Lui, com’è nel suo stile, fu un breve momento di circa 20/30 minuti dal quale, però, mi riportai molte buone impressioni, confermate nei successivi 12 anni e in tutte le occasioni di impegno sotto il suo Episcopato. Di mons. Conti ho sempre apprezzato e gustato il suo spezzare la Parola e il suo riferire ogni cosa e ogni questione alla Parola stessa. I suoi inviti, cortesi ma decisi, espressi in molte occasioni, a raccontarsi la fede piuttosto che le sole questioni umane ed ecclesiali, sono sempre stati preziosi per riportare tutto e tutti all’essenziale, ma anche per smorzare toni e animosità. Di poche parole, di carattere riservato e di indole un po’ ironica, mons. Conti si è fatto apprezzare per la sua profonda vita interiore, la sua intelligenza acuta, la sapiente lettura delle questioni del territorio, la ricca esperienza ecclesiale e la conoscenza delle motivazioni e delle dinamiche che animano la vita della Chiesa. Queste sue peculiarità sono sempre state per me uno stimolo ad una accurata preparazione delle questioni e delle esperienze da presentare, delle idee da condividere e dei progetti da elaborare. Debbo dire che negli incontri con lui, c’è stato e c’è sempre, un po’ di sano timore, dettato in particolare dalla sua autorevolezza. Un timore che non ha mai ostacolato il confronto, ma lo ha elevato alle ragioni e alle questioni più essenziali. Con lui non è stato sempre facile, come si dice, perché sa essere anche molto duro e dire cose che scavano dentro. Ai tempi della mia presidenza diocesana, con lui ho avuto anche confronti non semplici, in particolare sul valore e sul senso ecclesiale dell’Azione Cattolica. Nel tempo, poi, ho capito che il suo non era semplice giudizio, né pregiudizio, ma un modo educante per aiutarmi a divenire più forte, più consapevole del mandato che la chiesa mi aveva affidato e imparare a rendere ragione di ciò in cui dicevo di credere. Di certo negli anni non sono mancati anche i suoi apprezzamenti, espressi per lo più nella chiamata a diversi servizi nella chiesa diocesana e nel coordinamento regionale, come il Convegno Ecclesiale regionale del 2013, da lui fortemente voluto e accompagnato. Pur senza evidenti espressioni di apprezzamento, con mons. Conti si ha la delicata e calda sensazione della sua paterna protezione. Ama poco gli elogi, gli auguri ed i ringraziamenti, così come le lunghe preghiere dei fedeli ed i discorsi pomposi. Sorride poco e stringe piano la mano, però sa farsi accanto nei momenti di tensione, di difficoltà e di bisogno, sia umano che ecclesiale. Sa lasciare ampi spazi in cui esprimersi e la sua discreta presenza nelle esperienze avviate, a volte scambiata per freddezza, è sempre stato il suo modo per far camminare le realtà con le proprie gambe.
A lui tutto il mio personale ringraziamento per avermi accolta e chiamata nella vigna diocesana e regionale e per essersi preso cura della nostra Arcidiocesi. A lui la mia preghiera ed il mio sincero augurio perché il Suo mandato tra noi continui nella semplicità della vita ordinaria e nella profondità della vita spirituale a cui, lui stesso, ci ha “viziati”. •

Rispondi