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Disponibilità e normalità

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Sabato 2 dicembre 2017 non sono stato tra i fortunati che erano nel duomo di Fermo, riaperto per l’occasione dopo i danni subiti dal terremoto, per partecipare alla cerimonia d’insediamento del nuovo arcivescovo mons. Rocco Pennacchio. Ho seguito tutte le varie fasi dell’evento in diretta streaming. Sobrio e preciso il commento di Adolfo Leoni che introduceva di volta in volta tutti i momenti del cerimoniale e spiegava di volta in volta il ricco tesoro d’arte della cattedrale.
Dell’omelia del nuovo arcivescovo, mi hanno colpito alcuni passaggi salienti. Tutta la nostra vita altro non è che camminare in compagnia di Cristo a noi vicino e contemporaneo. Il nuovo anno liturgico ci riporta alle ragioni del cuore, ci ricorda l’esperienza viva e reale di Gesù. Se la Resurrezione di Cristo è ciò che ci anima, non dobbiamo temere quando sarà la sua venuta e quando potremo contemplarlo. L’Avvento non richiede da noi un atteggiamento passivo. Siamo i servi della parabola ai quali il signore ha dato potere sulla sua casa. Il verbo attendere, etimologicamente significa “tendere-a”, niente a che vedere con un atteggiamento pigro e fatalista. “Tendere-a” presume che si desidera incontrare chi si desidera. Se vogliamo incontrare il Signore, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato. Lo vogliamo o no, ma egli verrà. L’avvento è il tempo dell’approssimazione nel senso stretto del termine, dell’avvicinarsi, dall’approssimarsi. Il padrone di casa ritornerà. Lui si è fatto prossimo a noi nella sua piccolezza. Quando si attende il ritorno di una persona cara, l’incertezza dell’ora non genera paura o timore. Se mai ci obbliga a essere attenti e vigilanti. Ogni accadimento ci parla di Cristo. Il cristiano non evade dal presente ma considera la quotidianità, che a volte può essere ripetitiva e monotona, come il luogo ordinario in cui il Signore ci rende santi. Non camminiamo nel buio. Gesù è venuto e cammina in mezzo a noi. Sbaglia chi è nostalgico del tempo andato come se Gesù oggi sia assente. Gesù ci chiede di non lasciarci fuggire la vita. L’Avvento è un’occasione propizia per chiederci come stiamo utilizzando il tempo che ci è dato da vivere. Non siamo spaventati né pessimisti ma attenti e impegnati. Maria, donna dell’attesa ci insegna a essere pronti e vigilanti.
Augusto Cifola, animatore del Savio Club presso l’oratorio salesiano San Domenico Savio di San Marone in Civitanova Marche, era in duomo sabato 2 dicembre 2017 e ha lasciato queste riflessioni: “Nel nome di Gesù conduci con sapienza i fedeli di quest’amata Diocesi verso i pascoli della Sacra Scrittura, dove potranno ristorarsi con la dolcezza della Parola che, sola, salva”. Con queste parole mons. Luigi Conti ha accolto nella nostra Cattedrale il nuovo arcivescovo Rocco Pennacchio all’inizio della celebrazione eucaristica. L’immagine dunque che dall’inizio alla fine permea la liturgia d’inizio del Mandato Episcopale è quella propria del pastore e delle pecore. E non potrebbe essere diversamente: già solo nei passi del discorso di sant’Agostino proclamato all’inizio della Messa, la parola “pastore” compare venti volte. Potrebbe sembrare scontato, ma riflettere su questo fatto mi ha fatto comprendere appieno il significato di questo momento. È l’arrivo del pastore in mezzo al suo gregge, l’inizio di una nuova storia: le pecore hanno bisogno del loro pastore, e questi a sua volta ha bisogno della loro fiducia. Il pastore sa che la confidenza delle sue pecore si conquista a poco a poco; che esse prima di fidarsi devono conoscerlo, e capire che la sua voce le chiama al bene e verso il Bene. È solo a quel punto che le pecore ascoltano la sua voce e lo seguono.
Dovendo scegliere un momento che più mi ha colpito della celebrazione, mi fermerei sulla promessa di obbedienza dei laici, forse quella meno scontata, ma è quella della maggior parte del gregge del vescovo. Essa recita “Noi laici di questa Diocesi promettiamo di imparare ad ascoltare la tua voce, per riconoscerla tra quelle del mondo”. Emerge chiara la convinzione che il cammino tra vescovo e popolo si costituisca a poco a poco, nella semplicità del quotidiano, a cominciare dalla preghiera reciproca, gli uni verso gli altri. E allora ho pensato a quanto bello, ricco di speranza e attesa possa essere questo percorso che ci si prospetta davanti. Quanta fiducia richiede l’affidarsi all’altro, ma che serenità deriva dal sentirsi protetti e guidati con amore!
E allora, l’attesa e la speranza più grande non possono che essere quelle di avere un pastore che abbia l’odore delle sue pecore, se le carichi sulle spalle e le guidi per il giusto cammino, a motivo del suo nome.
Don Gabriele Gaspari è sacerdote salesiano, vice parroco della parrocchia San Marone di Civitanova Marche. Era presente in duomo sabato due dicembre. Scrive: “Ci sono nella vita delle persone degli eventi che per motivi diversi ti segnano profondamente, lasciando nel tuo profondo una traccia indelebile. L’esperienza, che ho vissuto a Fermo in occasione dell’ingresso di Mons. Rocco nella nostra diocesi, rientra in questo tipo di esperienza.
La prima impressione avuta è quella di ammirare la sua puntualità. Arrivare al Duomo di Fermo quel pomeriggio non è stata un’impresa facile. Per trovare un parcheggio per la macchina ci sono voluti vari minuti e quando siamo arrivati alla sacrestia, una buona manciata di minuti prima delle 16,00 e con il fiatone, la persona del servizio d’ordine ci ha accolto con un perentorio: “Svelti! L’Arcivescovo è già pronto per iniziare la cerimonia”!
Ho preso posto in presbiterio assieme ai tantissimi sacerdoti con il camice e la stola bianca. Trovarmi in questa marea di bianco, tutti impegnati nel canto d’ingresso, mi ha dato una gioia difficilmente esprimibile. Quando poi Monsignor Rocco ha preso posto in cattedra, alla presenza dei numerosi vescovi che partecipavano alla solenne liturgia, sotto lo sguardo attento dei rappresentanti della autorità civili e militari e dei numerosissimi fedeli, la sua prestanza fisica e il largo sorriso accattivante mi hanno fatto provare una senso di sicurezza e ho ricordato il versetto “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”. Ho potuto gustare i vari momenti della cerimonia cercando di personalizzare i diversi messaggi di vita che le parole e i gesti proponevano alla riflessione. Ho trovato particolarmente significativi i due interventi di Monsignor Rocco: sia l’omelia sia il suo saluto ai presenti nel Duomo come rappresentanti delle varie autorità religiose, civili, militari e ai fedeli della diocesi. Ho apprezzato molto il suo pensiero rivolto alle tante persone che per motivi diversi non hanno potuto essere presenti fisicamente a Fermo ma che erano uniti spiritualmente all’evento. Molto bello anche il desiderio che ha manifestato di essere disponibile per incontrare personalmente tutti coloro che lo vogliono.
Tornando a casa, riflettendo sulla bella esperienza vissuta, ho sentito il bisogno di ringraziare il Signore per il pastore che ha inviato alla nostra diocesi. Ripensando alle tante iniziative alle quali il nostro amatissimo vescovo Conti ha dato vita durante il suo periodo di servizio, mi è venuto in mente l’espressione che tante volte si dice: “È lo Spirito Santo che guida la sua Chiesa”.
Effettivamente lo Spirito è presente e operante nella nostra Chiesa diocesana e le assicura quella primavera che il papa S. Giovanni XXIII auspicava nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II. •

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