Suo Figlio è nascosto

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“Nunc et in hora mortis nostrae” Maria, donna dei nostri giorni

La risurrezione di Gesù da morte, la sua assunzione al cielo, la discesa dello Spirito Santo sui discepoli nel giorno della Pentecoste, l’Assunzione e l’incoronazione di Maria regina del cielo e della terra, sono questi i cinque misteri della gloria, che si recitano di mercoledì e domenica.
“L’angelo disse alle donne: Non abbiate paura. So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. E’ risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: E’ risuscitato dal morti” (Mt 28, 5- 7).
La resurrezione di Gesù dalla morte è una notizia sconvolgente. Il giornalista del tempo se l’avesse data sarebbe stato preso per un pazzo visionario. La morte è la fine di tutto secondo la ragione umana. Eppure c’è una logica che supera ogni schema terreno. La Risurrezione di Gesù è al centro della nostra fede. La morte è stata sconfitta per sempre. Se così non fosse, la nostra fede sarebbe vana. Sta a ogni cristiano testimoniare la presenza di Cristo risorto, vivo e presente accanto a noi.
Eppure spesso, Cristo è costretto a nascondersi: “Cristo si nasconde negli uomini di oggi, soprattutto in chi soffre, in chi è perseguitato, in chi reca in sé il segno di contraddizione. I poveri di Cristo stanno male, sono sfruttati, umiliati, offesi, e Lui è in agonia. Non è un modo di dire, ma accade realmente. Il Servo di Jaweh è inchiodato mani e piedi al legno del supplizio, con la testa coronata da spine, deriso ingiuriato sputacchiato dagli agenti del Potere, tradito abbandonato dimenticato dai suoi discepoli. E’ impossibile scoprire la continuità dell’agonia di Cristo e rassegnarsi. Senza di Lui saremmo già morti, saremmo già polvere e vermi. E’ solo perché le nostre sofferenze sono unite alla sua agonia che il diavolo non riesce ad avere la partita vinta.” (Ignazio Silone, Ed Egli si nascose, pp. 39, 40).
Il Venerdì Santo nei romanzi di Silone non si trasforma mai in una Domenica di Resurrezione. Il Deus absconditus, il Dio nascosto, anche se diviene rivelato in Cristo, è costretto sempre a nascondersi. “Allora presero delle pietre per scagliargliele contro, ma Egli si nascose. E ogni tanto deve tornare a nascondersi”, dice Fra’ Celestino. E con la stessa gravità e tristezza, replica Uliva, “Ed Egli uscì dal tempio. “Et exivit de templo”. E ogni tanto bisogna abbandonare la chiesa, il partito e la famiglia. Ogni tanto ci si ritrova allo sbaraglio. “Tu hai perduto la speranza”, risponde fra’ Celestino, rivolto ad Uliva, “perché credi che Egli non sia più su questa terra. Ma io ti assicuro che Egli è ancora su questa. Di nascosto, certo, e in agonia, ma su questa terra. Finché Egli non è del tutto morto, non dobbiamo disperare. E forse dipende da noi di non lasciarlo morire”(Ibidem, pp. 66, 67).
Gesù non abbandonò i suoi discepoli: “Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano” (Mc 16, 19- 20). La predicazione soltanto non basta, perché sia contagiosa. Occorre unirla alla pratica della vita. Solo l’esempio convince, conforta e sprona, nonostante le difficoltà, i dubbi e le angosce.
Lo Spirito Santo discende sugli Apostoli: “Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si ritrovavano tutti insieme nello stesso luogo. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro il potere di esprimersi” (At 2, 1. 3). Con il dono dello Spirito Santo, Gesù dà inizio alla Chiesa. Questa riceve la forza di prolungare nel tempo la missione evangelizzatrice di Gesù.
Maria, la madre di Gesù, assunta in cielo in anima e corpo e incoronata regina, è l’aiuto dei Cristiani in questa missione di testimonianza. “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome” (Lc 1, 46- 49). Maria, accolta nella gloria è la bussola per fare della nostra vita l’incontro con Cristo. “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle” (Ap 12, 1). “Ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae”. Maria è esperta di quell’ora, perché fu presente all’ora del Figlio. E’ una supplica struggente semplice e unica, si ripete per cinquanta volte: “L’Ave Maria viene recitata dal popolo dei poveri, nei banchi di una chiesa, con le cadenze del rosario. Sembrano cadenze monotone. Ma dal centro di quelle scarne parole si sprigionano viluppi di sensazioni intraducibili. Certo è che, man mano che quelle parole sono ripetute, la mente si affolla d’immagini dolcissime, tra le quali predomina l’immagine di lei, l’altra madre, che nelle sere d’inverno, vicino al ceppo acceso, o sotto le stelle nelle notti d’estate, attorniata dai familiari e dai vicini di casa, ripeteva con la corona tra le mani, Santa Maria, madre di Dio. Maria, tu che sei esperta di quell’ora, dacci una mano perché ognuno, quando scoccherà sul quadrante della sua vita, l’accolga con la serenità di Francesco d’Assisi: Laudato sie, mio Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullo homo vivente può skappare” (don Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni, pp. 117 – 118, Società San Paolo, Alba (Cuneo), 2000). •

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