Un tempo donato per fare chiarezza in di noi.
“Il tempo sospeso” è il titolo di una rubrica che, tutti i giorni, alla fine del telegiornale di TV2000, tiene Ferruccio De Bortoli, noto stimato giornalista, in passato per due volte direttore del Corriere della Sera. Ho preso in prestito questo titolo per parlare della situazione che stiamo vivendo, perché penso che non ce ne sia uno migliore.
Siamo chiusi in casa da più di un mese per paura dei contagi di questo killer subdolo e silenzioso che è il corona virus. Penso, tuttavia, che questo tempo ci sia stato donato – l’espressione può apparire paradossale – per fare chiarezza dentro di noi.
Abbiamo vissuto il deserto dei quaranta giorni, il digiuno più duro di quello del cibo, cioè il digiuno degli abbracci dei nostri cari, soprattutto dei nipotini, che vorremmo stringere forte tra le nostre braccia; il digiuno degli incontri fraterni con gli amici che hanno bisogno di consolazione, incontri che, ogni mattina, dopo la Santa Messa, mi sembravano la carezza del Signore: “Quando avrete fatto questo ad uno di questi poveri, questi piccoli, questi malati, questi anziani soli, lo avrete fatto a me”, direbbe il Signore. Ogni mattina continuo a chiedere, come ci ha insegnato Madre Teresa: “Signore, fammi essere la tua matita”.
Non ci sono più gli incontri, ma abbiamo il telefono e ogni mattina pensiamo alle persone che conosciamo, che sappiamo essere più sole; anche con una telefonata si può portare il sorriso e una parola di speranza. Non sprechiamo questo “tempo sospeso”, occupiamolo principalmente con la preghiera, con il silenzio che porta alla meditazione e alla introspezione del nostro animo. Stiamo vivendo con l’angoscia dei morti, dai numeri vertiginosi, di cui ci danno notizia ogni giorno. Noi, fino a poco tempo fa, abbiamo potuto vegliare i nostri malati ed accompagnarli dolcemente al trapasso, come diceva il mio medico di famiglia. Ora questo non si può più, perché chi va in ospedale, non si sa se torna.
C’è, infine, una tentazione: pensare che, pur pregando più intensamente che mai, il Signore non ci ascolti. Dobbiamo essere assidui nella preghiera e chiedere che la nostra fede non vacilli, per sperare nel “miracolo”, perché “a Dio niente è impossibile”.
Vengono alla mente le parole di un’altra grande santa, quale è Teresa d’Avila: “Niente ti turbi, niente ti spaventi. Solo Dio basta”. Il Signore ci risolleverà su ali d’aquila e non ci farà temere alcun male, perché lui, anche se sembra stare a dormire sulla barca, è sempre con noi. •
Daniela Mancini