Solidarietà al femminile

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Mamme al lavoro fuori e dentro casa al tempo del Coronavirus. I tanti aspetti del problema.

Per quanto tempo ancora sarà possibile lo smart working da casa e contemporaneamente avere cura dei figli da seguire nel lavoro scolastico on-line, il lavoro domestico del quotidiano e quanto richiede la vita di una mamma di famiglia?
C’è una pandemia mondiale ancora in corso e una severa crisi economica già iniziata. Se in epoca pre-Covid, secondo l’Eurostat, le donne trascorrevano tredici ore di media alla settimana più degli uomini per occuparsi della cura di casa e figli, oggi il carico di lavoro domestico è aumentato in modo esponenziale e lo smart working è diventato una “corsa a ostacoli”.
Peggio è per chi è tornata al lavoro con asili e scuole chiuse nonostante il bonus baby-sitter e il congedo parentale straordinario di altre due settimane, pagato però al 50 per cento. Mai come in questo periodo le famiglie sono messe a dura prova specialmente per quanto riguarda il timore di perdere l’indispensabile risorsa del lavoro.
Il 72% dei lavoratori che recentemente sono tornati in attività sono uomini e secondo le stime delle organizzazioni Sindacali, in quei nuclei familiari dove è possibile richiedere il congedo parentale straordinario con un guadagno mensile decurtato, sono state soprattutto le donne. È forse colpa di una mentalità tradizionalista tutta italiana che vorrebbe riproporre la donna a casa come “angelo del focolare”? Non soltanto. Il carico della cura ancor oggi, è riservato soprattutto alle donne e la scelta tra chi debba prendere il congedo retribuito o restare al lavoro, è presto detta: la mamma.
Una recente ricerca di Manageritalia basata sui dati Istat, riscontra che il 27% delle donne lascia l’attività dopo la nascita del primo figlio.
Pur nelle condizioni di poter lavorare da casa, le madri sanno bene che lo smart working senza aiuti concreti è praticamente impossibile. Come poter mantenere la concentrazione al computer, con bambini che necessitano di giusta attenzione e tempo? Una recente indagine di una piattaforma specializzata nella ricerca di baby-sitter, ha evidenziato che l’emergenza Covid-19 in molti genitori, ha procurato forte stress e stato di ansia.
Il lavoro, che funzionava ben separato dalla vita privata, trasborda in cucina, in camera da letto, e persino in bagno. Il pc portatile è sempre in agguato, o se si utilizza il telefono ce lo ritroviamo addosso come una parte del nostro stesso abbigliamento. E se la mamma in questione ha un bimbo piccolissimo, la si trova a lavorare davanti allo schermo, mentre allatta, prepara le pappe, ascolta la bambina più grandicella che chiede aiuto per i compiti da svolgere. Ogni attività da casa, è entrata negli spazi più privati. Questo stato di cose, può compromettere il lavoro e la qualità delle relazioni, favorendo probabili conflitti generazionali e di coppia. In questo momento così delicato i genitori e le madri soprattutto, sono in grossa sofferenza.
Che fare?
La situazione delle lavoratrici, come è stato appurato, è ancora più difficile e la necessità di riprendere gli impegni pre-Covid è sempre più impellente. Ancora una volta le madri porteranno sulle proprie spalle tutto il peso della crisi sanitaria ed economica. Oltre al previsto bonus babysitter, ci si aiuta talvolta con i nonni ancora in gamba e disponibili oppure con qualche buona amica che dia una mano a chi torna al lavoro senza altra soluzione immediata per chi si lascia a casa. Si tratta di semplificazioni temporanee che aiutano la vita delle donne con bimbi piccoli e che garantiscono la possibilità di tornare attive ed efficienti.
È necessario comprendere quanto gravosi siano gli impegni quotidiani e quanto ci sia bisogno di soluzioni che facilitino la vita. È utilissimo poter contare su spazi familiari accoglienti per i bambini e dove incontrare quelle mamme collaborative con le quali condividere dubbi e preoccupazioni. È un’idea di solidarietà del tutto spontanea che funziona soprattutto se si è capaci di intercettare i reali bisogni delle madri lavoratrici, offrendo liberamente proposte anche di qualità. Ci sono donne che rientrano al lavoro con bambini nel pieno dello svezzamento e ci sono mamme che visto che preparano da mangiare per i propri figli e che hanno come unica prospettiva il lavoro da casalinga, si chiedono perché non farlo per qualche amica in difficoltà. Chissà che a causa del Coronavirus non nascano magari nuove opportunità per tutte quelle donne costrette a restare a casa?
La crisi taglia i fondi di molte famiglie ed è necessario trovare idee alternative pur sempre nel rispetto delle regole raccomandate. In fondo si diventa mamme insieme: solidarietà femminile anche per sopravvivere in questa delicata Fase 2 reinventando tempi e spazi da spendere in vicinanza e comprensione. Questa meravigliosa solidarietà è già iniziata in nome del significato dell’essere altruisti, disposti cioè ad aiutare gli altri senza chiedere nulla in cambio. È un rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega le donne con interessi comuni legati alla famiglia. Infatti soprattutto in questo momento storico cominciamo a conoscere da vicino le diverse realtà che ci circondano e le difficili situazioni in cui vivono molte persone. La vita però ci insegna anche che le varie precarietà possono diventare fonte di arricchimento e di buone idee.
Per essere solidali bisogna soprattutto non essere egoisti o indifferenti. A volte basta un piccolo gesto per garantire serenità ad un’intera famiglia e impedire che i bambini che ne fanno parte siano solo una faccia del problema. Mi piace ricordare Emily Dickinson che a proposito di solidarietà scrive: “Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano. Se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena, o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido, non avrò vissuto invano.” •

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