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San Giuseppe, ispiratore dei Papi

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Con la lettera apostolica Le Voci, san Giovanni XXIII lo dichiarava protettore del Concilio Vaticano II.

Da Carlo Tomassini riceviamo e pubblichiamo un’approfondita riflessione su come lo stile dello sposo della Beata Vergine Maria abbia ispirato il ministero petrino di tanti Papi.

«Le Voci». Lettera del 19 marzo 1961 di san Giovanni XXIII che dichiarava protettore del Concilio Vaticano II, San Giuseppe, a seguito delle richieste pervenutegli dalle varie parti del mondo scritte da moltissimi fedeli, monaci e vescovi, i cui cuori erano «rivolti con amabile spontaneità ad implorazione di aiuto celeste, ad aumento di fervore religioso, a chiarezza di direzione pratica». E auspicava che «lo spirito interiore di pace, di silenzio, di buon lavoro e di preghiera, a servizio della Chiesa, ci vivifichi sempre e ci allieti in unione con la sposa [Maria]». Al “papa buono” interessava soprattutto «una partecipazione orante più viva, ardente e continuata alle sollecitudini della Santa Chiesa», mentre San Giuseppe «mite ed amabile» irradia l’adorazione per Gesù, splendore della sostanza del Padre.
Giovanni XXIII dava rilievo al decreto del beato Pio IX che nel 1869 affidò il Concilio Vaticano I alla protezione di San Giuseppe su richiesta di moltissimi prelati. Questo concilio fu interrotto dall’invasione militare sabauda di Roma. Questo papa, marchigiano di origine, proclamò san Giuseppe “Patrono della Chiesa universale”, l’8 dicembre 1870, nel festeggiarne la sposa Immacolata Concezione. Già, nel 1854, nel proclamarne il domma, Pio IX dichiarava «San Giuseppe la più sicura speranza della Chiesa dopo la Santa Vergine».
Il papa Leone XIII nel 1889 lo indicava come modello: «dei padri di famiglia e dei lavoratori. È di là che si iniziò la bella preghiera: “A te o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione, ricorriamo”». Nella prima grande guerra, il papa Benedetto XV univa questo santo alle famiglie colpite dall’inutile strage, annettendo «la famiglia celeste di Nazareth di cui S. Giuseppe era il capo legale, e l’immensa famiglia umana afflitta da una universale costernazione per le innumerevoli vittime della guerra devastatrice».
Nel 1920 nel 50° del “Protettore della Chiesa universale”, il papa gli dava un nuovo titolo per i morenti. «A conforto di tante vittime umane, trattenute al valico dell’agonia volle impegnar presso i vescovi e le molte associazioni pie sparse nel mondo, il supplice intervento della preghiera a San Giuseppe Patrono dei moribondi». Ne esiste la Pia Unione nella basilica di san Giuseppe a Roma, fondata da s. Pio X.
Pio XI, Pio, XII, Giovanni XXIII hanno testimoniato la fedeltà ecclesiale di richiamo, di esortazione, di elevazione del culto «del custode di Gesù, dello sposo castissimo di Maria, del pio e modesto operaio di Nazaret e del patrono della Chiesa universale». Pio XI venerava la persona e la missione di San Giuseppe, degna di gloria, mentre «passa raccolta, tacita, quasi inavvertita e sconosciuta nell’umiltà, nel silenzio …»
Il successore, Pio XII nel 1940 esortava «i giovani Sposi a porsi sotto il sicuro e su quale manto della sposo di Maria». E per la difesa delle nuove Associazioni Cristiane di Lavoratori, istituì la festa di san Giuseppe artigiano, con una significativa preghiera. Giovanni XXIII confermava che «i santi sono in attesa delle nostre confidenze». Giovanni XXIII apprezzava la data della festa al 19 marzo come orientamento alla Pasqua: «prepara ad un’intensa familiarità con i misteri più commoventi e salutari della sacra liturgia». Mentre era fiducioso nella “virtus divina” di san Giuseppe, “caro e benedetto” (come usava chiamarlo Pio XI) egli vedeva che tutti erano interessati al concilio Ecumenica Vaticano II, che gli appariva «destinato a segnare un’epoca nella Storia della Chiesa». Così sappiamo anche noi. •

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