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Come falchi appollaiati sulle nostre sicurezze nel timore di spiccare il volo

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Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al Maestro di Falconeria perché li addestrasse. Dopo qualche mese, il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.
“E l’altro?” chiese il re.
“Mi dispiace, sire, ma l’altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare. Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell’albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo”.
Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.
Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi, ma nessuno poté schiodare il falco dal suo ramo.
Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull’albero, giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino.
“Portatemi l’autore di questo miracolo” ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.
“Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?” gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò:
“Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare”.
Talvolta, Dio permette a qualcuno di tagliare il ramo a cui siamo tenacemente attaccati, affinché ci rendiamo conto di avere le ali.
“Vieni e vedi”
Una suadente e sferzante voce – come la sega che taglie il ramo – da’ il via ad un dialogo che sprona a muoversi, a vedere, a toccare con mano, a lasciarsi coinvolgere.
Non una parola, ma solo un movimento: seguire con quel che ne consegue.
Una vita che certamente cambierà, non per le belle parole pronunciate, ma per l’incisività di gesti concreti, di cuori che si toccano, di vite le cui storie s’intrecciano, di sguardi luminosi che penetrano nelle midolla!
“La parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge in un’esperienza, in un dialogo. Per questo motivo il “vieni e vedi” era ed è essenziale” (Papa Francesco, Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali)
“La casa è dove si trova il cuore” ( Plinio il Vecchio)
Vieni e vedi: è il cuore, dunque, che edifica la casa!
Il cuore, dunque, è il “luogo” delle relazioni che diventano quasi le mura del fabbricato, abbracciando chi vi abita.
L’incontro con l’altro “edifica” la casa, in una relazione non formale, né virtuale: lo conferma Dio stesso in un brano della Bibbia.
“Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te».
Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? (…). Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa” (2 Sam 7, 1-5.8b-12.14a.16)
La casa annunciata è la discendenza, la relazione con Lui e fra gli esseri umani stessi che continua nel corso del tempo.
Quella stessa notte, infatti, il Signore parla a Natan cui affida la sua risposta per Davide: da quando il Signore aveva liberato il popolo d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto, Egli aveva abitato sotto una tenda, aveva seguito il popolo che si era scelto nelle sue peregrinazioni e nelle sue vicissitudini, condividendone ogni pericolo, bisogno e difficoltà.
Egli non aveva chiesto a nessuna delle tribù di edificarGli una casa.
Il Signore cammina col suo popolo! E noi con Lui e fra di noi!
Bisogna, dunque, consumare le suole delle scarpe per andare, incontrare, cercare gli altri senza dei quali la nostra presenza non serve.
“Il prossimo ci è stato dato come mezzo per mostrare l’amore che nutriamo per Dio” (Santa Caterina da Siena).
Vieni e vedi: andiamo dunque!
Un bellissimo dialogo tra la giornalista Oriana Fallaci e Alekos Panagulis, mette in risalto la “punteggiatura” di Dio che cambia la qualità delle relazioni.
“Alekos credeva in Dio. Una volta io gli dissi: “Dio è un punto interrogativo” e lui mi rispose: “No, un punto esclamativo”
È il punto esclamativo dello stupore, della meraviglia verso Qualcuno che ci affascina.
È il punto esclamativo sulla vita e sui giorni che sa mettere chi si sente amato e ama, chi spera nonostante tutto, chi è capace di condivisioni generose e apparentemente assurde, appassionate e temerarie, di chi mette al centro la sapienza insieme a un pizzico di follia.
È il punto esclamativo per il nostro Dio …”
Il punto esclamativo avvenuto in cima ad sicomoro, in un incrocio di sguardi fra Gesù e Zaccheo che si nasconde dietro i rami frondosi, incuriosito dallo “strano” e nel contempo “affascinante” personaggio che gira per le strade.
“Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” ( Lc 19, 5)
“In fretta scese e lo accolse pieno di gioia” (Lc 19, 6)
«Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19, 8)
Un punto esclamativo che – di fronte alla potenza del Suo Amore – non ammette più “se” e “ma”, ma diventa cambio di marcia, addirittura la frode stessa si converte decuplicandosi in gioiosa provvidenza!
La forza di un incontro attraverso gli occhi, il sorriso, la benevolenza, lo stare insieme come amici diventa esperienza del “roveto ardente” di fronte al quale si buttano i sandali delle proprie sicurezze, mentre qualcosa d’inesprimibile succede nel nostro cuore.
Così tutti gli incontri….anche quelli banali, aspettando il proprio turno dal medico: una parola, uno scambio, un sorriso, uno scorgere fuori dalla finestra un nido di colombi e lo svolazzare degli stessi per provvedere alla nidiata, con gli occhi incantati di un bambino ed ammirare insieme la creazione… un “la” per un giorno diverso, positivo!
Un’accoglienza nel nostro Monastero- una fra le tante- di due giovanissime ragazze approdate quasi per caso, affascinate più dal mare vicino che da altro!
Timide ed educate chiedono gli orari della ristorazione e del rientro, osservati puntualmente!
Ogni giorno sempre più abbronzate e soddisfatte!
Il sorriso, il piccolo e discreto servizio alla mensa, interessandoci della quantità delle pietanze ed attente a rifornirle di vino sempre in calo, non fa parte di un galateo, ma è frutto di preghiera che rende “artigiani” di vita fraterna.
«Nelle nostre mani ci sono i libri, nei nostri occhi i fatti», affermava Sant’Agostino.
Una svolta le attende, a loro insaputa!
Ritornano, come al solito, ma mi fermano per una domanda, prima di accingersi a mangiare.
“Ci si può confessare?”
“Certo! Domani chiedo al sacerdote se può farlo prima che andiate al mare”.
Così fu: primo giorno!
Altra domanda il giorno successivo: “C’è la Messa la mattina?”
“Certo che c’è, alle 7,00, ma dovete andare al mare (una mia provocazione)”
“Andiamo più tardi”
Cosi fu: secondo giorno!
Successivamente: “Possiamo partecipare alla vostra preghiera?”
“Certo!”
Così fu: terzo giorno!
E i giorni passarono fino al 7°, simbolicamente parlando…quasi un tempo di latenza per i piccoli “tocchi” di grazia ricevuti nei giorni precedenti e giunti ad una progressiva maturazione.
Una lettera di una delle due, al rientro, evidenziò un punto esclamativo nella sua vita, “dedita” al vino ( si era capito!) e alla banalità.
Non avevamo parlato di Dio, ma lo aveva respirato, incontrandosi con Lui nel profondo del suo cuore.
Mi dice che ora – 18 anni- la sua vita aveva un senso, faceva volontariato, aveva acquistato serenità, beveva il vino nuovo: Cristo!
Dove c’è Lui, la vita cambia, un punto esclamativo ti segna gioiosamente per sempre!
“La sfida che ci attende è dunque quella di comunicare incontrando le persone dove e come sono”. (Papa Francesco, Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali)
Ogni falco può volare: non ci sono rami che ne impediscano il volo! •

Madre M. Cecilia Borrelli, Abbadessa Monastero Benedettine di Fermo

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