ASCOLTA, O FIGLIO! IL VANGELO DI OGGI La banca del Signore (XXXII Domenica T.O. MC 12, 38-44)

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FERMO (10 Novembre 2024) – Gesù è nel Tempio ed osserva scene e personaggi che si aggirano all’interno: c’è tanta ostentazione e tintinnio di monete buttate nelle apposite cassette dell’elemosina, in uno stridente contrasto fra il gesto e il lusso “indossato”! Saranno pure tante monete, ma poca cosa agli occhi suoi, sia per le alte possibilità economiche, sia per il fine, che è solo quello di apparire migliori degli altri! La loro vita contraddice la carità: divorano addirittura le case delle vedove! Il tono di Gesù è quello dell’accusa profetica: il comportamento è in contrasto con la Parola della Legge!

Ecco arrivare una vedova che, quasi di soppiatto, getta due spiccioli, tutto quello che possedeva. Poteva tenerne almeno uno per sé: no, decide di dare tutto! Non passa inosservata agli occhi di Gesù che si commuove per quel gesto che rivela il divino.

Egli chiama subito i discepoli per un insegnamento rivelativo. Quella donna, per giunta vedova, in quel gesto ha vissuto uno ‘spreco’ d’amore! Non ha pensato a sé, si è fidata, versando il suo ‘piccolo tesoro’ nella ‘banca’ di Dio dove non maturano interessi, dove nulla si perde, dove ogni gesto d’amore costruisce l’Eternità. Il suo è un eccesso fuori dalla logica comune: in quei due spiccioli c’è la sua vita, la sua sicurezza, tutto il suo cuore, tutta la sua fiducia!

Quella vedova rappresenta ciascuno di noi quando non ci fidiamo delle nostre risorse, ma ci lasciamo afferrare dallo sguardo d’amore di Gesù che ci riempie, che va oltre il nostro limite, la nostra debolezza: è lì che Lui appone il suo sigillo e fa di ciascuno di noi- senza scarti- la pietra preziosa che, insieme alle altre edifica il Tempio di Dio, in quella compagine in cui ognuna da’ luce alle altre riflettendo in tal modo la vera LUCE, la SANTITA’di DIO!

Illuminante ed attuale la parola di S. Paolino da Nola (Bordeaux, 355 – Nola, 22 giugno 431) a riguardo del Vangelo odierno.

L`apostolo Paolo grida: “Non abbiamo portato nulla venendo in questo mondo, neanche lo possiamo portar via” (1Tm 6,7) e anche: “Che cosa hai, che tu non abbia ricevuto?” (1Cor 4,7). Perciò, carissimi, non siamo avari di ciò che abbiamo, come se fosse nostro, ma mettiamolo a frutto come se ci fosse dato in prestito. Abbiamo ricevuto dei beni, da usare come temporale merce di scambio, non come possesso eterno di cosa privata. Se li riconoscerai come temporaneamente tuoi sulla terra, potrai fartene una ricchezza eterna nei cieli. Se ti ricorderai di quei tali che ricevettero dei talenti dal Signore e che cosa il padre di famiglia diede loro in compenso, capirai quanto sia meglio mettere il danaro alla banca del Signore, perché si moltiplichi; capirai con quanta sterilità di fede, con quanta perdita per il servo inutile, fu conservato quel talento, che fruttò solo un aumento di pena a chi l`aveva nascosto. Sbrigati, dunque, per meritar di sentir le parole: “Via, servo buono, entra nel gaudio del tuo signore” (Mt 25,21), piuttosto che le altre: “Servo malvagio e pigro ti giudico dalle tue parole” (Lc 19,21); il servo pigro fu gettato in carcere, il suo talento fu dato a chi era già ricco per la moltiplicazione dei suoi crediti, e il Signore sentenziò: “A colui che ha sarà dato, a chi non ha, sarà tolto anche ciò che ha” (Mt 25,29). Ricordiamoci anche di quella vedova che, trascurando se stessa per amor dei poveri, testimone lo stesso Giudice, si privò di tutto il suo cibo: Gli altri hanno dato parte di ciò che loro sovrabbondava, essa, invece più bisognosa forse anche di molti poveri, che aveva solo due spiccioli, ma nell`animo era più ricca di tutti i ricchi, interessata solo dell`eterna mercede, cupida del tesoro celeste, rinunciò a tutto ciò che proviene dalla terra e si riconverte in terra. Diede ciò che aveva, per poter possedere ciò che non aveva ancora visto. Diede cose corruttibili, per procurarsi le incorruttibili. Quella poveretta non disprezzò il criterio di Dio circa la ricompensa futura, e il giudice finale non trascurò il suo gesto e preannunziò la sua sentenza; predicò nel vangelo colei che avrebbe coronato il giorno del giudizio. Rendiamo dunque debitore Dio con gli stessi suoi doni. Non abbiamo, infatti, nulla che non sia suo dono, noi che siamo noi stessi, un suo dono. E noi, in verità, che cosa possiamo ritenere nostro, se per un più grande e speciale debito non siamo nostri? e non solo perché creati da Dio, ma anche perché da lui ricomprati. Rallegriamoci anche, perché siamo stati ricomprati a caro prezzo, col sangue dello stesso Signore; col quale prezzo non siamo più vili e venali. Riportiamo, dunque, i suoi doni al Signore; diamo a colui che riceve attraverso il povero; diamo, dico, con gioia e riceveremo da lui esultanti. Piace a lui, infatti, che gli facciamo forza, spezzando con le opere buone le sbarre del cielo. Il Signor nostro, il solo buono, come il solo Dio, non vuol ricevere per un calcolo di avarizia, ma per generosità di affetto. Che cosa manca, infatti, a colui che dà tutte le cose? O che cosa non possiede, colui che è padrone dei possidenti? Tutti i ricchi sono nelle sue mani, ma la sua immensa giustizia e bontà vuole che gli si faccia dono dei suoi stessi doni, per avere ancora un titolo di misericordia verso di te, perché è buono. E davvero ti prepari lui un merito di cui tu sia degno, perché egli è giusto! (Epist., 34).

Buona Domenica!

Madre M. Cecilia

Abbadessa Famiglia Monastica Benedettina

Fermo

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