Romena è una vecchia pieve medievale, nel comune di Pratovecchio, nel Casentino, alta valle dell’Arno. Fu edificata nel 1152 su iniziativa del pievano Alberico da artigiani locali e maestranze lombarde. Fu costruita, come è scritto in latino, nell’abaco del primo capitello a sinistra, entrando, in “Tempore famis”, al tempo della fame e della carestia. Posta lungo la Romea, la strada percorsa dai pellegrini che si recavano a Roma, era anche un punto di riparo, di sosta e di ristoro. La pieve di Romena ritorna ad essere luogo di ristoro e di salvezza per la decisione del suo fondatore, don Luigi Verdi, che accetta la propria fragilità e con lui con lui tutti quelli che si sono avvicinati al mondo della Fraternità di Romena nel corso di questi trent’anni trascorsi dalla sua fondazione.
“Il termine gioia viene dal latino “gaudium” che vuol dire ineffabile. È qualcosa che viene da dentro, che non puoi nemmeno quantificare, misurare. Anche il termine gioiello viene da gioia, perché significa splendere, splendente come il sole, e il sole, è vero, che non lo puoi accendere, però lo puoi spegnere chiudendo le finestre o le porte. Così le gioia non puoi venderla, comprarla o regalarla perché non è un bene trasferibile, puoi solo spegnerla. La gioia è un bene interiore, una condizione di ineffabilità. La gioia è sganciata da ciò che avviene intorno a noi, perché affonda le sue radici nella parte più profonda della persona, altrimenti non si spiegherebbe la gioia dei poveri, dei sofferenti, degli ammalati che non avrebbero nessun motivo per essere gioiosi” (Luigi Verdi, Non spegnere la gioia, prefazione Simone Cristicchi, pp. 17- 19, Romena Accoglienza, prima edizione giugno 2024). Il libriccino, di sole sessantanove pagine, comprese foto meravigliose, che ampliano le verità proposte, è un ottimo strumento di riflessione sul proprio vissuto, sulle scelte fatte, sulle ferite aperte e rimarginate, sul proprio cammino individuale, anche condiviso con gli altri con i quali ci è dato vivere. Molti sorridono, pochi, forse nessuno ride.
Noi siamo nati per la gioia e quando ci manca, anche se abbiamo tutto, ci sentiamo delusi, frustrati, insoddisfatti. Vera gioia è amare ed essere amati, veder nascere il sole, contemplare la bellezza, è stare insieme. La vera gioia è quella di essere nato. Qui, don Luigi Verdi ricorda la propria nascita: “Nei primi anni della ma vita ero concentrato solo sulla mia timidezza, sulle mie mani e sui miei piedi nati male e ho passato anni di noia, di ansie, anni in cui mi lamentavo dicendo: “Che schifo la vita”. Come ero nato potevo anche essere soppresso, continua don Luigi nel suo racconto. Bastava poco per farmi morire. “La mia fortuna fu che babbo e mamma dissero: “Si vuole questo figlio, così com’è”. “Da allora amo e lotto per ogni forma di vita, qualunque essa sia e da allora dico: “Che fortuna che sono nato”. “Il modo migliore per realizzare i propri sogni è svegliarsi” (Paul Valéry). “Da allora mi sono svegliato e i sogni che facevo di nascosto hanno messo le ali, sono tornato a sperare e a strappare dalle mani del futuro il fatalismo e la rassegnazione” (pag. 22).
Non spegnere la gioia è un libro imperdibile, da mettere sul comodino, portarlo con sé in macchina, leggerlo spesso perché ogni nuova lettura suggerisce nuove riflessioni, per vivere bene pur in mezzo a difficoltà d’ogni genere. Vale dunque la pena partecipare all’’incontro con don Luigi Verdi venerdì alle ore 20,30 nella chiesa di Cristo Re a Civitanova. Affabilità, empatia, semplicità nell’esposizione, animata da slides e canti presi dai grandi successi musicali di cantautori di ieri e di oggi, da Fabrizio De André a Simone Cristicchi, sono le caratteristiche di ogni incontro con don Luigi Verdi.
Raimondo Giustozzi