IL VANGELO DELLA DOMENICA – Gaudete: fate della vostra vita un dono – (Terza di Avvento. Lc 3, 10-18)

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La tradizione liturgica definisce questa domenica “Gaudete” per via dell’antifona d’ingresso ripresa da alcuni versetti della lettera di S. Paolo ai Filippesi: “Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto: rallegratevi. Il Signore è vicino” ( 4, 4-5). Il color rosa dei paramenti sacri di questa domenica esprime questa gioia ed ha il potere di scaldare il cuore perché il desiderio di una pace dentro e fuori di noi si sta avverando, concretizzandosi nella Persona di Gesù. Il filosofo Nietzsche, proprio lui che propugna la morte di Dio, di Lui afferma: “Dio seduce ancora proprio perché parla il linguaggio della gioia, e così conforta la vita, dato che il problema della vita coincide con quello della felicità”.

Le domande rivolte a Giovanni Battista allora sono le nostre, quelle che provengono dalla dura realtà in cui c’imbattiamo e da cui vorremmo risollevarci: “Noi, cosa dobbiamo fare?” Cosa dobbiamo fare perché la gioia sia in noi e ci sentiamo attratti da Dio, fonte di gioia e vita? Stiamo vivendo un periodo triste ed assurdo, in un mondo incattivito dove davvero si sperimenta la famosa espressione di Plauto, ripresa dal filosofo Hobbes: “Homo hominis lupus”. L’imperante egoismo ci sta disumanizzando: non è questo il sogno di Dio per l’umanità, Lui che nel Figlio suo Gesù si è fatto carne!

Il profeta nel deserto del nostro cuore continua a gridare di fare della nostra vita un dono, che la nostra vita renda qualcuno felice. Non lamentiamoci, non puntiamo il dito, ma scuotiamoci perché Dio è vicino e cerca uomini e donne disponibili a cambiare innanzitutto se stessi perché il mondo sia migliore. Non conta quello che facciamo, ma come lo facciamo nell’umile fatica quotidiana, sperimentando anche la gioia di costruire rapporti a carattere positivo. L’annuncio di Giovanni sembra un pungolo quasi fastidioso…altro che lieta notizia! “Tiene in mano la pula per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile” (v. 17) In quel tono che lo contraddistingue, però, possiamo cogliere in lui l’ansia missionaria, il rammentare la promessa come segno di speranza. Colui che sta per venire è il Salvatore e la sua salvezza è liberazione: Egli brucia ciò che fa male a noi stessi, come per es. la zizzania, la paglia e raccoglie il buon frumento, custodendolo. Spesso nella nostra vita facciamo l’esperienza di S. Paolo: “Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me” ( Rm 7, 21). Questa lacerazione interiore ci fa star male, ma la lieta notizia del Signore che viene ci porta la speranza di essere guariti dalle nostre contraddizioni: saremo frumento per il bene che riusciremo a fare nella vita quotidiana.

Nell’attendere il Signore che viene, apriamoci agli altri con benevolenza, accoglienza ed amabilità. Siamo sollecitati in ciò da Papa Francesco: “Occorre convertirsi, bisogna cambiare direzione di marcia e intraprendere la strada della giustizia, della solidarietà, della sobrietà: sono i valori imprescindibili di una esistenza pienamente umana e autenticamente cristiana”.

Madre M. Cecilia Borrelli

Famiglia Monastica Benedettina Fermo

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