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La pedagogia della bontà

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Tradizionale Conferenza Salesiana, Venerdì 1 febbraio, al teatro “Conti” di San Marone, presente un discreto pubblico. Don Roberto Spataro, segretario del Pontificium Institutum Altioris Latinitatis e della Pontificia Accademia Latinitatis, già conosciuto dai Salesiani Cooperatori dell’Ispettoria Adriatica, per un incontro avuto con lui a Macerata il 28 ottobre dello scorso anno, ha presentato con molta efficacia comunicativa il contenuto della strenna che ogni anno il Rettor Maggiore dei Salesiani consegna a tutta la grande famiglia salesiana.

L’incipit della strenna, messo a modo di “occhiello”, usando un termine prettamente giornalistico, fa riferimento alla lettera scritta da San Paolo Apostolo ai Filippesi: “Rallegratevi nel Signore sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi» (Fil 4:4). Il titolo racchiude tutto il patrimonio pedagogico spirituale del mondo salesiano: “Come don Bosco educatore, offriamo ai giovani il Vangelo della gioia attraverso la pedagogia della bontà”.

La pedagogia salesiana, va aggiornata secondo la sensibilità e le esigenze del nostro tempo: “Oggi, infatti, i contesti sociali, economici, culturali, politici, religiosi, nei quali ci troviamo a vivere la vocazione ed a svolgere la missione salesiana, sono profondamente cambiati” (Chávez, strenna 2013). Il contesto è quello di una società che il sociologo Zygmunt Bauman chiama “società liquida”. La “vita liquida” è una vita nella quale sembra non ci siano punti fermi; tutto cambia troppo velocemente. Non ci sono più valori condivisi né affettivi da proporre alle giovani generazioni.

Il passato non è più un riferimento. La scuola, che del passato ha il compito di trasmettere valori, cultura ed orientamenti, non ha più nessuna attrattiva. L’individuo è solo con se stesso, chiuso nella sua solitudine. Nelle pieghe della società si va assistendo ad un oscuramento della ragione. E si sa che il sonno della ragione, in passato, ha sempre generato mostri. Il nichilismo, si aggira come ospite inquietante tra le giovani generazioni. Infelicità, fragilità, ma anche tanta spavalderia sembrano essere i connotati di una gioventù che non ha nessuna speranza verso il proprio futuro. Il cinquanta per cento dei matrimoni, negli USA, dopo appena diciotto mesi, secondo un’ultima statistica, va in crisi e si sfascia. Che fare? Rinnovare la fiducia nella bontà del sistema preventivo.

Anche nei giovani che vivono nella “Società liquida” c’è un punto accessibile al bene, questa è la speranza, ma anche la certezza di chi consacra la propria vita a favore dei giovani, per la loro crescita umana e professionale. Ragione, religione ed amorevolezza sono alla base del carisma salesiano. Non si può deragliare da questi binari, senza sbandierarli come slogan ma calati nella propria vita. La ragione indica sempre qual è il bene e qual è il male.

L’istruzione costituisce lo strumento essenziale per illuminare la mente. La religione è l’orizzonte dentro il quale indirizzare ogni sforzo pedagogico: “Don Bosco ha intercettato il desiderio di felicità presente nei giovani e ha declinato la loro gioia di vivere nei linguaggi dell’allegria, del cortile e della festa; ma non ha mai cessato di indicare Dio quale fonte della gioia vera”. La pedagogia della bontà è alla base dell’amorevolezza: “L’amorevolezza di Don Bosco è, senza dubbio, un tratto caratteristico della sua metodologia pedagogica ritenuto valido anche oggi, sia nei contesti ancora cristiani sia in quelli dove vivono giovani appartenenti ad altre religioni. Non è però riducibile solo a un principio pedagogico, ma va riconosciuta come elemento essenziale della nostra spiritualità” (Chávez). In un’epoca di crisi a tutti i livelli: economica, demografica, politica, sociale, occorre saper trovare nel secchio d’acqua offerto dal Vangelo quello che occorre perché ogni tentativo pedagogico poggi su qualcosa di solido.

Don Bosco ha saputo sempre trovare nella sua attività una sintesi tra cielo e terra: “Egli visse sempre di sogni, cioè fu continuamente visitato dal Divino, perché chiamato a realizzare un grande progetto nel quale la dimensione soprannaturale e quella naturale dovevano toccarsi e che avrebbe condotto i ragazzi peggiori a divenire degli onesti cittadini e dei buoni cristiani” (Cristina Siccardi, Una vita tra terra e cielo, Editore La Fontana di Siloe). Al termine del proprio intervento, don Spataro, alla luce della strenna del rettor Maggiore, ha indicato anche delle linee operative per tutti i giorni. Fare il bene fin che si può e trovare nel laicato le risorse necessarie per arrivare ai giovani in tutti gli ambienti nei quali questi vivono, ecco ciò che occorre fare, organizzando la speranza e superando ogni gelosia umana. L’anima dell’educatore è il suo cuore. E l’educazione è sempre e comunque una questione di cuore.

“La pedagogia di Don Bosco, ha scritto don Pietro Braido, s’identifica con tutta la sua azione; e tutta l’azione con la sua personalità; e tutto Don Bosco è raccolto, in definitiva, nel suo cuore. Ecco la sua grandezza ed il segreto del suo successo come educatore. Affermare che il suo cuore era donato interamente ai giovani, significa dire che tutta la sua persona, intelligenza, cuore, volontà, forza fisica, tutto il suo essere era orientato a fare loro del bene, a promuoverne la crescita integrale, a desiderarne la salvezza eterna” (Pascual Chávez). •

Raimondo Giustozzi

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