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Fragilità e nuove certezze nel mondo della scuola

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La ripartenza ed il bilancio dopo un anno difficile. Riflessioni con la professoressa Catiuscia Stizza, docente dell’Istituto Superiore “Leonardo da Vinci” di Civitanova.

“Fragilità non è la debolezza, ma la percezione del senso del limite di ciascun uomo e del bisogno che egli ha dell’altro, di un altro essere umano anch’egli avvolto dai limiti del mistero dell’esserci” (Vittorino Andreoli, Ottant’anni di follia e ancora una gran voglia di vivere, pag.30, Milano, 2020).

CIVIANOVA MARCHE – A pochi giorni dall’avviato nuovo anno scolastico 2021/2022 il tema della scuola risulta sicuramente di primo piano sia nei palazzi della politica a Roma sia nei pensieri degli Italiani di tutta la penisola. Ci è sembrato, dunque, il caso di parlarne con chi a scuola, fra gli studenti, trascorre buona parte della sua giornata, e cioè la prof.ssa Catiuscia Stizza, docente dell’Istituto di Istruzione Superiore “Leonardo da Vinci” di Civitanova Marche. È una conoscenza di lunga data la nostra, perché la professoressa Stizza fa parte dei Salesiani Cooperatori della Parrocchia San Marone di Civitanova. Raggiunta prima telefonicamente poi via email, ci ha inviato questa sua testimonianza, che offro all’attenzione di quanti leggono La Voce delle Marche. Abbiamo preso come spunto di riflessione il pensiero di Vittorino Andreoli, insieme ad alcune domande che le abbiamo rivolto.
“In questo tempo di Covid – interviene la docente – per ciascuno di noi è di certo auspicabile un rapido ritorno alla normalità e ancor più si desidera per i propri figli, nipoti o semplicemente per gli studenti di tutte le età, la possibilità di tornare a vivere un “vero” anno scolastico, fatto di spiegazioni alla lavagna, di compiti in classe da svolgere in aula, di ricreazioni nei corridoi della propria scuola, di assemblee d’Istituto in presenza e delle tanto sospirate gite. Il mondo della scuola non rinnega la DAD (didattica a distanza) o la DDI (didattica digitale integrata) degli ultimi 18 mesi, ma aspira a riprendere possesso dei propri spazi. Come docente di Liceo, insegnando a studenti che vanno dai 14 ai 19 anni, non posso che avere un’opinione positiva di questa metodologia di insegnamento, assolutamente non perfetta, sicuramente non la panacea ad ogni male, ma neppure orrido spauracchio da demonizzare. La scuola a distanza, che raggiunge attraverso la rete lo studente nella propria casa – DAD o DDI che dir si voglia – si è, agli occhi di tutti, dimostrata in questi nostri tempi l’unico strumento in grado di arginare dal punto di vista scolastico e non solo i danni dell’epidemia Covid. È un dato di fatto: l’esperienza di insegnamento/apprendimento in DAD non ha l’efficacia e la completezza dell’insegnamento in presenza, ma quando in presenza non si può stare, quando a causa di un virus terribile ed inimmaginabile non solo le scuole ma le attività umane di tutto il globo si interrompono, ciò che conta davvero, didatticamente parlando e non solo, è salvare il salvabile. Gli studenti che hanno iniziato il nuovo anno scolastico, magari al momento non conosceranno quanto di Matematica, di Inglese o di qualsiasi altra materia avrebbero dovuto o potuto imparare in altri frangenti, ma non hanno, però, perduto tutto, potranno – volendo – in buona parte recuperare. Mai come in questi giorni nei nostri Istituti scolastici di ogni grado sono giunti finanziamenti destinati dal Governo al recupero di ciò che è mancato. Le sigle e le definizioni sono numerose: percorsi PON, docenti fuori organico per il recupero dell’apprendimento, tante iniziative di supporto ad alunni e docenti per dimostrare che è il tempo di ripartire con slancio tutti insieme.

“In realtà – afferma la professoressa Stizzi – all’insegnamento a distanza non vanno imputati meriti esclusivamente didattici: le ore di scuola davanti al pc hanno permesso sia a noi adulti – docenti e genitori – sia ai ragazzi di mantenere quella saldezza interiore e quella speranza nel futuro che in certi recenti momenti è sembrata venir completamente meno. Una crisi di tale portata, quale quella che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo, ha evidenziato i delicati meccanismi propri dell’animo umano: tutti noi – adulti, adolescenti, bambini ed anziani – abbiamo avuto paura, quanto mai prima, di non farcela, di non uscirne fuori”.

“Gli adulti hanno smarrito in pochi attimi tutte le loro sicurezze: in primo luogo la certezza di avere soluzioni per ogni problema, di poter far fronte da soli ad ogni difficoltà. Il mito dell’autosufficienza e dell’autoreferenzialità, alle fondamenta della nostra epoca, è miseramente crollato, svelandoci a pieno la nostra fragilità. Bambini e ragazzi, come sempre, si sono rivelati il riflesso delle paure dei grandi: è difficile restare tranquilli, quando le certezze dei tuoi genitori, dei tuoi docenti, di coloro che dovrebbero essere i punti saldi della tua esistenza, vacillano. Le incertezze e le insicurezze che caratterizzano da sempre l’adolescenza possono allora – in qualche caso – acuirsi a dismisura e sembrare fuori controllo”.

“Proprio per questo, nella mia personale esperienza, la possibilità di comunicare ogni mattina con gli studenti in rete è stata un bene prezioso: fare l’appello, scambiare un paio di battute scherzose prima o durante la lezione, mantenere in piedi quel nostro mondo che sembrava inabissarsi, ha rassicurato tutti noi e ci ha permesso di sopportare le inquietudini e i disagi che ci tormentavano, ricordandoci provvidenzialmente che nel bene e nel male l’uomo resta un animale sociale: delle gioie della vita si può godere o al pericolo si può sfuggire con più efficacia non da soli, ma restando insieme ai propri simili”.

“Siamo fragili noi esseri umani, grandi e piccoli, ciascuno a modo proprio, anche se come rammenta l’illustre psichiatra Vittorino Andreoli fragilità non è un semplice sinonimo di debolezza, quanto la consapevole percezione del senso del limite di ciascun noi e del bisogno che egli ha dell’altro”.
“È una verità questa – conclude la docente – che tutti gli esseri umani nella loro infanzia e fanciullezza conoscono bene, ma di cui nell’età adulta sembra poi smarrirsi la coscienza: una lezione che l’attuale emergenza sanitaria ha riproposto con forza a noi grandi e che dobbiamo assolutamente mantenere viva in noi stessi e nei nostri ragazzi, se abbiamo davvero intenzione di cambiare e salvare il nostro mondo, non limitandoci sempre alle solite trite parole.” •

 

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