Affittasi seminario

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copertina-15Nella diocesi di Fermo, negli ultimi mesi si è riaperta la discussione attorno al futuro destino del Seminario Arcivescovile. Non si tratta infatti di un tema nuovo perché tiene banco da più di trent’anni: dall’epoca, cioè, lungo il corso degli anni settanta, in cui il seminario si è drammaticamente svuotato. L’attuale struttura, opera degli anni cinquanta, fu concepita per ospitare trecento ragazzi. Una sorta di vivaio che comprendeva giovanissimi dai dodici anni in su, con classi che andavano assottigliandosi di numero via via che si avanzava negli anni di studio, e che tuttavia poteva vantare un bel numero di studenti di teologia nell’ultimo stadio di formazione verso il sacerdozio ministeriale. Poi, il crollo.

Non stiamo qui ad approfondire le cause, in buona parte collegate ai profondi mutamenti sociali ed ecclesiali. Nel corso degli ultimi tre decenni sono state fatte scelte coraggiose nella convinzione che avere un proprio seminario, tra i primi ad essere fondati dopo il Concilio di Trento alla fine del ‘500, fosse una ricchezza irrinunciabile per la nostra Chiesa locale. Per avere un gruppo adeguato di studenti ci si è aperti all’accoglienza da altre diocesi, principalmente della Puglia, dell’Abruzzo e di altre diocesi marchigiane. Per la verità non senza problemi, interni ed esterni… I seminaristi, propriamente della nostra diocesi, raramente hanno superato le dieci unità: un piccolo resto.

Negli ultimi anni, chiarito che il nostro Seminario non si poneva in competizione con quello regionale di Ancona, si è optato per la chiara scelta di configurare la nostra comunità formativa nel seguente modo: un nucleo di candidati provenienti dalla nostra Chiesa diocesana e un’apertura verso Chiese sorelle di Paesi economicamente poveri, ma ricchi di vocazioni. In questo caso si tratta di accordi di cooperazione che prevedono un nostro impegno a sostenere l’ultimo stadio di formazione di seminaristi che, una volta ordinati dai loro vescovi invianti, possono “restituire” l’aiuto ricevuto in alcuni anni di servizio pastorale nelle nostre parrocchie, contemporaneamente ad un percorso di studi specialistici.

È un’esperienza che abbiamo visto dare buoni frutti, anche se lascia aperti alcuni legittimi punti interrogativi. «Bene allora – si direbbe – abbiamo trovato la formula giusta! ». Non è esattamente così. Attualmente siamo di fronte a questa congiuntura: una forte incertezza sulle vocazioni provenienti dalla nostra Chiesa fermana per il prossimo futuro, un notevole impegno economico in contesto di crisi richiesto dall’eventuale accoglienza di altri stranieri, una forte contrazione numerica degli attuali seminaristi nei prossimi due anni.

Come “scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo”? Questa situazione potrà essere provvidenziale se non chiuderemo gli occhi sulla realtà e se sapremo assumerla con categorie di fede, come Chiesa intera (vescovo, presbiteri, diaconi, consacrati e laici). È più che mai richiesto un “discernimento comunitario”. Non è tempo di battaglie solitarie alla Don Chisciotte. Forse dobbiamo anche buttare via la paura del cambiamento. Si tratta di capire che non siamo di fronte alla “fine del mondo”, ma alla “fine di un mondo!”. •

Sandro Salvucci

 

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