Ascoltandole, ho ripensato l’intera esperienza vissuta al secondo Convegno ecclesiale delle diocesi marchigiane, celebrato appena una settimana prima, a conclusione dell’Anno della Fede. Che senso ha avuto l’evento-convegno nel contesto del cammino delle tredici diocesi marchigiane? Nel cammino preparatorio mi è sembrato di scorgere diverse anime e aspettative tra i presbiteri, i religiosi e religiose, i diaconi e i laici con cui sono entrato in contatto. Da una parte c’erano coloro che sono diventati allergici agli eventi straordinari e ai dibattiti: già basta la pastorale ordinaria, nella Chiesa si dicono troppe parole, occorre agire, tale evento è l’ulteriore appesantimento. Dall’altra c’è chi invece ama parlare, fare analisi, ragionare, dibattere. Farebbe un convegno all’anno, se possibile, e per lui sarebbe stato bene ritrovarsi tante volte per riflettere già prima del convegno. Infine ho incontrato chi si aspettava dal convegno chissà quali decisioni e quali rivoluzioni nella pastorale ordinaria delle diocesi: ora, o mai più, come se la storia dovesse ricominciare da zero. Di fatto per me il convegno non è stato nulla di tutto questo, e ne sono contento. Ad Ancona prima, e a Loreto poi sono convenuti i delegati di tredici diocesi già in cammino, anche se un po’ affaticate. In secondo luogo la dimensione celebrativa è stata molto più che un cerimoniale: negli interventi delle istituzioni di venerdì ci siamo messi veramente in ascolto delle gioie e delle speranze, dei dolori e delle sofferenze degli uomini e delle donne del nostro tempo e nelle liturgie abbiamo veramente reso gloria a Dio cantando l’alleluia da pellegrini, nella precarietà. I protagonisti, poi, sono stati i delegati, che hanno dedicato un congruo tempo e un vistoso impegno alla condivisione, al discernimento e alle relazioni nei laboratori e nell’arco dei tre giorni. Infine, anche se dovrà pervenire una sintesi completa su tutti i laboratori così come deve ancora pervenire il testo delle conclusioni di Mons. Conti che abbiamo ascoltato domenica, in questo convegno non sono maturate rivoluzioni o ribaltamenti epocali. Ci si è incoraggiati a riprendere il cammino intrapreso, ma cantando. Infatti sono stati giorni di gioia e la bellezza dell’incontro con il Signore, soprattutto nella liturgia ben curata, e il ristoro della comunione hanno aiutato a riprendere il canto dell’Alleluia, hanno rafforzato le ginocchia vacillanti e ci hanno ritemprato per il nostro ritorno alle Chiese locali. L’importante è progredire nel bene: alla luce dei giorni del convegno tale bene si è configurato come profezia e come comunione. Continuiamo dunque a progredire nell’ armonia tra diocesi e all’interno di ogni singola Chiesa locale ed impegniamoci a sporgerci in avanti, a costruire il futuro osando con creatività. •
Giordano Trapasso