Una famiglia si alza e va’

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copertina-26Sabato 30 Novembre era la festa di S. Andrea Apostolo ma per distrazione, nella preghiera dell’Ufficio delle Letture, sono andato al brano patristico previsto per il sabato della XXXIV settimana del Tempo Ordinario, conclusione dell’Anno Liturgico. In particolare mi hanno incoraggiato queste parole di S. Agostino: “Cantiamo qui l’alleluia, mentre siamo ancora privi di sicurezza, per poterlo cantare un giorno lassù, ormai sicuri … Qui cantiamo da morituri, lassù da immortali. Qui nella speranza, lassù nella realtà. Qui da esuli e pellegrini, lassù nella patria. Cantiamo pure, ora, non tanto per goderci il riposo, quanto per sollevarci dalla fatica. Cantiamo da viandanti. Canta, ma cammina. Canta per alleviare le asprezze della marcia, ma cantando, non indulgere alla pigrizia. Canta e cammina. Che significa camminare? Andare avanti nel bene, progredire nella santità” (Disc. 256; PL 38, 1191-1193).

Ascoltandole, ho ripensato l’intera esperienza vissuta al secondo Convegno ecclesiale delle diocesi marchigiane, celebrato appena una settimana prima, a conclusione dell’Anno della Fede. Che senso ha avuto l’evento-convegno nel contesto del cammino delle tredici diocesi marchigiane? Nel cammino preparatorio mi è sembrato di scorgere diverse anime e aspettative tra i presbiteri, i religiosi e religiose, i diaconi e i laici con cui sono entrato in contatto. Da una parte c’erano coloro che sono diventati allergici agli eventi straordinari e ai dibattiti: già basta la pastorale ordinaria, nella Chiesa si dicono troppe parole, occorre agire, tale evento è l’ulteriore appesantimento. Dall’altra c’è chi invece ama parlare, fare analisi, ragionare, dibattere. Farebbe un convegno all’anno, se possibile, e per lui sarebbe stato bene ritrovarsi tante volte per riflettere già prima del convegno. Infine ho incontrato chi si aspettava dal convegno chissà quali decisioni e quali rivoluzioni nella pastorale ordinaria delle diocesi: ora, o mai più, come se la storia dovesse ricominciare da zero. Di fatto per me il convegno non è stato nulla di tutto questo, e ne sono contento. Ad Ancona prima, e a Loreto poi sono convenuti i delegati di tredici diocesi già in cammino, anche se un po’ affaticate. In secondo luogo la dimensione celebrativa è stata molto più che un cerimoniale: negli interventi delle istituzioni di venerdì ci siamo messi veramente in ascolto delle gioie e delle speranze, dei dolori e delle sofferenze degli uomini e delle donne del nostro tempo e nelle liturgie abbiamo veramente reso gloria a Dio cantando l’alleluia da pellegrini, nella precarietà. I protagonisti, poi, sono stati i delegati, che hanno dedicato un congruo tempo e un vistoso impegno alla condivisione, al discernimento e alle relazioni nei laboratori e nell’arco dei tre giorni. Infine, anche se dovrà pervenire una sintesi completa su tutti i laboratori così come deve ancora pervenire il testo delle conclusioni di Mons. Conti che abbiamo ascoltato domenica, in questo convegno non sono maturate rivoluzioni o ribaltamenti epocali. Ci si è incoraggiati a riprendere il cammino intrapreso, ma cantando. Infatti sono stati giorni di gioia e la bellezza dell’incontro con il Signore, soprattutto nella liturgia ben curata, e il ristoro della comunione hanno aiutato a riprendere il canto dell’Alleluia, hanno rafforzato le ginocchia vacillanti e ci hanno ritemprato per il nostro ritorno alle Chiese locali. L’importante è progredire nel bene: alla luce dei giorni del convegno tale bene si è configurato come profezia e come comunione. Continuiamo dunque a progredire nell’ armonia tra diocesi e all’interno di ogni singola Chiesa locale ed impegniamoci a sporgerci in avanti, a costruire il futuro osando con creatività. •

Giordano Trapasso

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