Quando si tratta di motivare adeguatamente i figli, molti genitori incontrano serie difficoltà, e spesso, invece di spronarli, tendono, inconsapevolmente, a scoraggiarli. Presupposto indispensabile per una corretta motivazione è che le richieste che provengono dai genitori corrispondano alle concrete possibilità e capacità del bambino, e vengano formulate in un linguaggio comprensibile. È per questo che le favole, nelle quali l’antropologo C.Levi-Strauss individua punti di contatto col mito, sono un aiuto formidabile per superare le barriere linguistiche e mentali tra adulti e bambini.
“Nonna, raccontami ancora una favola…”: Hansel e Gretel, I tre porcellini, Il gatto con gli stivali, Cappuccetto rosso… e tante altre scritte dai fratelli Grimm, da Perrault o da Oscar Wilde. Quest’ultimo ha partorito un gioiello come Il principe triste. Ci sono, poi, anche le favole inventate sul momento, magari per scoraggiare qualche birichinata e incanalare sulla retta via. Le favole diventano così un valido sussidio pedagogico. I bambini si identificano molto spesso con i personaggi delle storie e accettano con entusiasmo le idee e le strategie risolutive che esse propongono ai loro problemi. Li inducono infatti a rielaborare in maniera ludica la situazione problematica e a lavorare attivamente sul proprio comportamento. Le vicende che sono narrate attraverso la favola hanno un profondo valore formativo in quanto consentono la familiarizzazione con alcune componenti oscure del mondo interiore del bambin. Lo aiutano a strappare la veste ai fantasmi.
Tramite una sequenza di rappresentazioni simboliche, la favola ha infatti il potere di veicolare un significato esistenziale non altrimenti accessibile al bambino. Gli spiega che la vita è un percorso a ostacoli che bisogna affrontare con coraggio e intelligenza; che è inevitabile il rischio di incontrare figure mentitrici travestite da buoni. Si potrebbe non riconoscere le figure positive che possono aiutare. La favola risulta dunque uno strumento utile strumento perché i suoi personaggi aiutano i bambini a distinguere il “giusto” dallo “sbagliato”, il bene dal male, cosa che non sarebbe possibile nella realtà, in quanto fatta di tante sfaccettature, strutturata su più codici di lettura. “Cera una volta…”. Ricordo la nonna che raccontava e noi, seduti in semicerchio davanti al camino, guardavamo spaventati le orribili ombre che danzavano sui muri e assumevano di volta in volta fisionomie e connotati camaleontici, pronti a ghermire chi non faceva il bravo…
Affinché la favola possa svolgere la sua funzione deve coinvolgere contemporaneamente tutti gli aspetti della personalità del bambino. È infatti attraverso la favola che gli si dà la possibilità di sognare, di “vedere il tutto nel nulla”, come scriveva Leopardi, di scoprire un mondo, e soprattutto gli si offre la possibilità di costruire la propria personalità. E, perché no, approdare a occhi aperti, in sella a Peter Pan, sull’Isola che non c’è. •
Giuseppe Fedeli