
Contemporaneamente la questura di competenza procede al riconoscimento delle persone, per il rilascio del permesso di soggiorno provvisorio. Il meccanismo ha tempi stretti: ventiquattro o quarantotto ore per accogliere, senza sapere se saranno ragazzi, ragazze, famiglie. Alla cieca: si saprà al momento dell’arrivo chi saranno le persone da ospitare. Da quali paesi provengono, quali lingue parlano. La visita medica d’ingresso scopre le malattie più evidenti, ma non conoscendo le persone, eventuali morbilità si scopriranno in seguito.
Un contratto di appalto, con la fissazione del prezzo, è stata la modalità fino ad oggi seguita. Di questi giorni il cambio di passo. Sarà bandita una gara, al ribasso, a partire da 35 euro giornalieri a persona accolta. Chi avrà proposto il maggiore sconto, avrà la commessa. Naturalmente i termini dell’appalto sono stretti: terminano alla fine dell’anno, con la possibilità che, ove non ce ne fosse bisogno, la prefettura ha facoltà di chiudere l’appalto. Che cosa avviene delle molte persone accolte non si sa: nel capitolato viene richiesto accudimento, integrazione, avviamento al lavoro etc. Il tutto a tempo perché sul futuro nessuno dice nulla.
Come si possa parlare di integrazione è mistero: nemmeno il vestiario viene trattato in questo modo. E occorre attenzione perché, con l’accettazione della commessa, le responsabilità sono tutte di chi accoglie. Se la persona ha problemi, se ha bisogno di strutture di sostegno, se pone problemi che si prolungheranno nel tempo, nessuna autorità pubblica ne è garante. Le associazioni abituate ad accogliere i profughi sono preoccupate. L’esperienza passata dice che, terminato il contratto, tutti scompaiono: prefettura, questura, sindaci e governatori. Chi accoglie per speculare non ha problemi: chiude la struttura e saluta con un arrivederci. Se si comprende l’emergenza degli sbarchi, non si comprende il silenzio e l’assenza di un minimo progetto di integrazione. •
Vinicio Albanesi