Le Confraternite e l’impegno per la carità: fantasia dello Spirito, umiltà e disinteresse
Per vivere bene il presente bisogna essere ben consapevoli di quelle che sono le proprie radici; le Confraternite, nate secoli fa per vivere ed esercitare le opere di misericordia, oggi sono chiamate (in questo il Giubileo è un’utile coincidenza) a superare le incrostazioni folkloriche che possono essersi stratificate negli anni proprio rituffandosi nel mondo della Carità, a tutti i livelli, investendo in ciò tutte le forze e le risorse disponibili. E quando si parla di risorse… il pensiero non può non andare anche a quelle economiche.
Per chi appartiene o amministra una Confraternita potrebbe non essere più sufficiente (anche se comunque apprezzabile), oggi, la cosiddetta logica “del buon padre di famiglia”, che non fa mancare nulla ai propri figli, attento a non sprecare, a non dilapidare, ma comunque, a conservare. Oggi infatti le frontiere della carità non esistono più, per il fatto che la carità non è tale se non ti porta fuori dai confini, e non ti spinge a lavorare con quell’atteggiamento di “Chiesa in uscita” che, grazie a Papa Francesco, cambierà in meglio, volenti o nolenti, anche il volto delle Confraternite.
Proprio Papa Francesco, durante l’Udienza Generale di mercoledì 10 Febbraio, all’inizio della Quaresima, ha detto, con il suo stile schietto e diretto: “se il Giubileo non arriva alle tasche non è un vero Giubileo … non lo inventa questo Papa, è nella Bibbia”. Il Giubileo fu “inventato” nell’antico Israele, proprio come occasione per “combattere la povertà e la disuguaglianza, garantendo una vita dignitosa per tutti e un’equa distribuzione della terra su cui abitare e da cui trarre sostentamento”.
Una Confraternita “ricca” oggi non ha più alibi e non può più eludere la sfida della Carità, che non è unicamente attenzione agli indigenti e agli indifesi, ma che può assumere anche la caratteristica di un impegno concreto in quel processo di perequazione e sussidiarietà tra parrocchie che anche il nostro Arcivescovo Luigi auspica da tempo.
È risaputo che il denaro non rende liberi, anche se di esso si è semplici amministratori e senza esserne proprietari, ma gli uomini di Chiesa oggi più che mai non hanno alternative: servire la Chiesa non vuol dire servirsene. •