
Via Crucis: 14 stazioni sulla Via della Misericordia
Consultando la cronaca della Parrocchia San Marone, retta dai Salesiani, si trova che non sempre la Via Crucis del Lunedì Santo si è svolta in Via Foscolo. Nel 1988 si tenne a Villa Conti. Nel 1995 si scelse di farla all’Oratorio, il 24 marzo del ’97 in via Verga, Campana e Montale, parroco, il compianto don Remo Franchi. La prima edizione della Via Crucis in via Foscolo è del 6 aprile 1998, parroco don Alvaro Forcellini e da allora ad oggi, parroco don Giovanni Molinari, la Via Crucis del Lunedì Santo si tiene ogni anno in via Foscolo. Si è scelta questa strada perché è quella che si presta meglio di tutte le altre al raccoglimento. Gli abitanti della via ci tengono ad illuminarla con luminarie e flambeaux. Avvisano i proprietari delle macchine in sosta ai lati della strada e li invitano a spostarle. Gli Ex Allievi don Bosco sistemano ad intervalli regolari le diverse stazioni. Tutto viene sempre fatto nel migliore dei modi con grande soddisfazione ed edificazione di tutti.
Nelle ultime edizioni si è scelto di introdurre anche alcuni figuranti. Nell’edizione di quest’anno si è preferito lasciare solo alle quattro ultime stazioni la presenza di alcuni figuranti, anche per non distrarre i fedeli da cose che possono sembrare troppo lontane dallo spirito autentico della manifestazione di fede. Saranno dieci in tutto i personaggi, quelli presenti nel vangelo: Cristo flagellato e crocifisso, l’apostolo Giovanni, i ladroni, le pie donne, la mamma di Gesù, due soldati romani e Giuseppe D’Arimatea. È stato scelto il testo “Via Crucis Via di Misericordia” proposto dalla chiesa. I fedeli percorreranno la Via Crucis come “pellegrini e mendicanti di misericordia”, “tenendo fisso lo sguardo su Gesù, passeranno da una stazione all’altra come attraverso altrettante Porte Sante e si recheranno spiritualmente nelle più sperdute e desolate periferie esistenziali dell’umanità, dove Cristo ancora soffre, è lasciato morire di fame e di freddo, è rifiutato e respinto, è incarcerato e privato della sua umano- divina dignità, è perseguitato e ucciso”.
Le periferie esistenziali sono tante ed è impossibile abbracciarle tutte. La televisione ci offre ogni giorno fotografie raccapriccianti. Sono uomini, donne, bambini, anziani, vecchi che guadano a piedi nudi fiumi ghiacciati dal gelo dell’inverno. È triste e sconvolgente venire a sapere che una bambina di appena due anni viene lavata dalla propria mamma con acqua fredda, all’aperto, perché non c’è altra soluzione per i profughi. “Così morì Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell’ingegner Aldo Levi di Milano, che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte” (Primo Levi, Se questo è un uomo). La Shoah, Primo Levi, tante pagine di storia del passato non sono servite a nulla.
I profughi scappano dai diversi fronti di guerra che loro non hanno voluto. Altri hanno preferito sostituire le armi alla ragione, armi che storpiano, massacrano, uccidono, distruggono case, campi, orti, pomari, greppi, siepi boscose. Refrain di un’Egloga di Virgilio: “Titiro e Melibeo”. È cara a tutti gli uomini colti e ai cuori gentili. Esistono invece ancora uomini duri di cuore, incolti ed affatto gentili, per non parlare di quanti ostacolano, anche in società cosiddette evolute, la realizzazione del bene comune, perché delinquono contro la società, lo Stato, la persona, uccidendo “per vedere solo che l’effetto che fa”. A tutti diciamo: “Quel Gesù che voi avete crocifisso, Dio l’ha resuscitato dai morti”.
È la nostra professione di fede. Cieca la mano che uccide/ ma il sangue di chi è ucciso/ già oggi stesso s’innalza.
È la professione di speranza di chi non ha fede, ma crede nell’uomo. •