Venga Papa Francesco venga presto fra noi!

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«Padre Santo, guardi il nostro Santuario, guardi la nostra profonda nostalgia, guardi la nostra dispersione. Ci aiuti a resistere e a proteggere le nostre radici recise, ci aiuti a tornare al nostro ovile dove Maria misteriosamente ci chiama. Siamo tutti un po’ feriti come Santina, come Santina sappiamo che il luogo della nostra cura è là, nella casa dove Maria ha già posto i suoi piedi».
Santina è la bambina muta che, proprio all’Ambro, riebbe parola dalla vergine Maria.
Ed ancora: «Santo Padre, guardi le pecorelle smarrite dell’Ambro, che non hanno più il loro ovile. Sia per noi il Buon Pastore che ci raccoglie e ci ri-porta tutti a casa. Lo aspettiamo nel nostro santuario…venga presto!».
«Venga presto!». È l’invocazione, la richiesta, la domanda contenuta nella lettera che nei giorni scorsi è stata inviata a papa Francesco. L’hanno sottoscritta in tanti. Porta le firme di tutti quelli che si sentono orfani e dispersi. Chiedono al pontefice di salire a Montefortino, di compiere, magari a piedi, quell’ultimo tratto che porta al Santuario. Hanno bisogno di una presenza e di una compagnia. Il Santuario è luogo di fede popolare, ma anche di incontro, condivisione, e, perché no, di turismo. Il Santuario è un presidio dei monti azzurri.
La lettera, spedita il 28 gennaio scorso, è già in Vaticano. Ed è stata presa subito in considerazione.
«Santo Padre…non è strano che il Santuario, nonostante tante scosse forti e ravvicinate, sia ancora in piedi? Non è ancor più strano che la bella cappella dell’apparizione sia completamente illesa? Una domenica siamo andati in tanti a vedere la croce del campanile. La prima scossa aveva provocato una flessione della croce verso la piazza. La seconda scossa ha rimesso la croce al suo posto originario. Tracce dal cielo? Una rassicurazione che il nostro Santuario lesionato tornerà a vivere?».
La lettera racconta anche la successione dei fatti: il terremoto di agosto, il rettore padre Gianfranco Priori che fa allestire una tenda (una Shekhinah) al centro della piazza per ricominciare dopo la conclusione dell’Anno Santo, il nuovo terrore per la scossa del 30 ottobre («Non solo la perdita del nostro Santuario, anche la tenda non era più “agibile”. Non si poteva più neppure percorrere la strada di accesso al Santuario – rischio caduta massi -»), le altre scosse, la paura, la fragilità degli uomini e delle cose. Senza più nulla, raccontano al papa, inventano di tutto:«luoghi di preghiera nelle case; incontri di training di rilassamento per resistere alla paura, con un dolce sottofondo dell’Ave Maria di Shubert; ricerca di spazi dove la nostra bella corale potesse continuare a cantare (e non è stato facile, ci creda…)….», e poi i cellulari sempre accesi per una preghiera costante.
Venga presto, Santo Padre! Ne hanno bisogno tutti.
E hanno la certezza che, all’improvviso, in un mattino di sole, una tonaca bianca e svelta, apparirà lungo la strada tra i monti. In silenzio e preghiera. •

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