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Parole che uccidono online

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L’Istat fotografa l’uso di parole offensive tra adolescenti 

“Cyberbullismo” è un termine che si sente sempre più spesso menzionare, ma che ancora pochi ne capiscono il significato. E soprattutto le conseguenze. Per cyberbullismo si intende, in parole povere, un uso improprio di video, immagini, messaggi allo scopo di attaccare un minore nell’universo online, con l’intento di denigrarlo e isolarlo. Ciò che caratterizza il cyberbullismo dalle pratiche di bullismo “offline” è il fatto che avviene in modo indiretto, non c’è mai un contatto faccia a faccia tra la vittima e il suo carnefice.
Terreno privilegiato di questa pratica sono i social network, dove il materiale offensivo, una volta postato risulta difficile “riacciuffarlo”. Oltre alla pubblicazione di dati personali a scopo offensivo, si aggiungono i commenti di coloro che popolano il web e che sentono il bisogno di dire la loro. Comportamento che non fa che peggiorare lo stato della vittima in questione, che parola dopo parola, si vede a dover incassare duri colpi. I più forti e sicuri di sè riescono a trovare il modo di fronteggiare a testa alta questo tipo di attacchi. Mentre i più deboli preferiscono subire e, nei casi più disperati, commettere atti suicida.
I più colpiti da questi episodi di bullismo 2.0 sono le giovani generazioni, coloro che sono nati in piena era digitale, subendo la dominanza dei nuovi mezzi di comunicazione. In particolare, i maggiori fruitori sono – secondo l’Istat – gli adolescenti dai 14 ai 17 anni, i quali vivono a stretto contatto con i propri smartphone. Più un adolescente resta online, più si espone ai rischi della rete. Si registrano, per l’anno 2014, comportamenti offensivi, non rispettosi e/o violenti attuati sul web più volte in un anno verso le femmine per una quota pari al 17,8% contro il 15% dei maschi. Se si tiene conto dell’età, si registrano atti di cyber bullismo più volte in un anno pari al 19,3% per gli adolescenti dai 14 ai 17 anni e pari all’11,7% per i minori di 11-13 anni.
Il modo più diretto per insultare qualcuno a colpi di tastiera è certamente quello in cui si prevede l’utilizzo di espressioni offensive: il 12,1% delle vittime dichiara di essere stato ripetutamente offeso con soprannomi offensivi, parolacce o insulti. Appare chiaramente come nel nuovo scenario digitale la comunicazione tende ad esplodere. Le parole sgorgano incontrollate e non si tiene più conto del loro peso. Non ci si preoccupa dell’effetto che possono avere sugli altri, se feriscono o meno. Ecco allora che è plausibile parlare del popolo della rete come di un ammasso di “insensibili digitali”, ormai privi di ogni pudore. •

Fonte: Istat, IL BULLISMO IN ITALIA: COMPORTAMENTI OFFENSIVI E VIOLENTI TRA I GIOVANISSIMI [Anno 2014] http://www.istat.it/it/files/2015/12/Bullismo.pdf?title=Bullismo++tra

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