“La chiesa di vetro”: così, da quando è sorta nei primi anni ’70, è stata chiamata a Fermo e in Diocesi la chiesa di S. Antonioo da Padova. In effetti è solo vetro e ferro, in 4 enormi vetrate che si estendono in grandi triangoli posti come superfici di una piramide limitata da 4 costoloni di cemento armato, la cui cuspide è a 16 metri dal suolo. Al vertice si innalza per ancora 24 metri una ardita guglia anch’essa caratterizzata da bei vetri istoriati, che fa raggiungere alla Chiesa l’altezza complessiva di metri 40 da terra. Niente di tradizionale, nessun mattone. È stato tuttavia molto riduttivo e un grande errore “battezzarla” come la “Chiesa di vetro”. Sarebbe stato molto più significativo definirla con la sua originaria vocazione: quella di essere “La tenda”. Poteva essere conosciuta e riconosciuta fin dall’inizio un gioiello di bellezza, di annuncio evangelico, di messaggio ecclesiale a carattere conciliare. Non è stata sufficientemente valorizzata. Né descritta e spiegata. Né fatta entrare nel sentire comune. Lasciata lì, senza particolari significati e messaggi, presenza originale, anche bella, ma insignificante. Vogliamo fare un po’ di giustizia e rimettere qualche tassello al suo posto? Questo è lo scopo del mio contributo: ridare a questa storia, alla chiesa e alla sua ricchezza di “profezia” tutto quello che le è stato finora negato. Il libro La chiesa “Tenda di Dio” sulla chiesa di S. Antonio non si propone certo di render conto dei documenti, delle idee, della storia che fin da 60 anni or sono si occupava dei progetti: sarebbe interessantissimo, ma forse superfluo per chi si trova a vivere oggi questa realtà di una chiesa e di una parrocchia siffatte all’interno dell’esperienza ecclesiale fermana. A noi pare sufficiente contemplare con attenzione e dare voce a ciò che si vede. Tuttavia non rinuncio ad alcuni accenni storici, molto veloci. •
Francesco Monti
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