Le omelie? Brevi – al massimo dieci minuti – ma ben preparate. A stabilirne i requisiti è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla proclamazione del Vangelo, momento della messa in cui il dialogo tra Dio e il suo popolo, sviluppato nella Liturgia della Parola, raggiunge il culmine. Al termine dell’udienza, infarcita di aggiunte a braccio, Francesco ha applaudito e ringraziato il Circo Medrano e il “Rony Roller Circus”, che hanno offerto un saggio della loro arte esibendosi in Aula Paolo VI, davanti a lui e agli 8.500 presenti, e ha rivolto un doppio appello: a unire le forze per porre fine alla piaga vergognosa della tratta e a rendere i prossimi Giochi olimpici invernali – durante i quali la partecipazione delle due Coree fa ben sperare – una grande festa dell’amicizia e dello sport.
“Nella Messa – l’esordio del Papa – non leggiamo il Vangelo per sapere come sono andate le cose, ma per prendere coscienza che ciò che Gesù ha fatto e detto una volta, Egli continua a compierlo e a dirlo adesso anche per noi. E quella parola è viva, e la parola di Gesù che è nel Vangelo è vita e arriva al mio cuore”. Per questo ascoltare il Vangelo, col cuore aperto, è tanto importante: “La bocca di Cristo è il Vangelo”, dice il Papa citando la “bella immagine” di sant’Agostino: “Noi ci alziamo per ascoltare il Vangelo, è Cristo che ci parla, lì. Per questo stiamo attenti: è un colloquio diretto, è il Signore che ci parla”.
“L’omelia non è un discorso di circostanza, neppure una catechesi come questa che sto facendo io, né una conferenza o una lezione”.
Nella parte centrale della catechesi, il Papa ha spiegato che l’omelia è un’altra cosa: “È un riprendere quel dialogo che è già aperto tra il Signore e il suo popolo, affinché trovi compimento nella vita. L’esegesi autentica del Vangelo è la nostra vita santa! La parola del Signore termina la sua corsa facendosi carne in noi, traducendosi in opere, come è avvenuto in Maria e nei Santi”.
“La parola del Signore entra dalle orecchie, arriva al cuore e va alle mani, alle opere buone”, ha ripetuto Francesco citando l’udienza di mercoledì scorso: “L’omelia anche segue la parola del Signore, e fa questo percorso: fa sì che la parola del Signore arrivi alle mani, passando per il cuore”.
“Chi fa l’omelia deve essere conscio che non sta facendo una cosa propria”, ha proseguito Francesco aprendo un’ampia parentesi a braccio: “Sta predicando, dando voce a Gesù, sta predicando la parola di Gesù”. “E l’omelia deve essere ben preparata, deve essere breve”, ha raccomandato il Papa. “Mi diceva un sacerdote – l’aneddoto – che era andato in un’altra città dove abitavano i genitori, e il papà gli aveva detto: ‘Sono contento, perché con i miei amici abbiamo trovato una chiesa dove si fa la messa senza omelia’”. “Quante volte vediamo che nell’omelia alcuni si addormentano, altri chiacchierano o escono fuori a fumare una sigaretta”, ha osservato sempre a braccio.
“Per favore, che sia breve l’omelia, ma che sia ben preparata”, l’appello.
L’omelia si prepara “con la preghiera, con lo studio della Parola di Dio e facendo una sintesi chiara e breve. Non deve andare oltre i dieci minuti”. “Se ci mettiamo in ascolto della buona notizia, da essa saremo convertiti e trasformati, pertanto capaci di cambiare noi stessi e il mondo”, ha concluso Francesco: “Perché la buona notizia entra dalle orecchie, va al cuore e arriva alle mani per fare delle opere buone”. •
M.Michela Nicolais