La visitina a Gesù

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Sono cresciuta in un piccolo paese chiamato Capparuccia, in una comunità poco affollata dove tutti conoscono tutti. Specialmente i personaggi di spicco. Magari non tutti conoscevano bene me. Era – anzi è – molto frequente che io venissi chiamata col nome di mia sorella o scambiata per qualcun’altra, ma certamente tutti conoscevano bene Don Nicola Morici: il parroco.
Per anni è stato un punto di riferimento per l’intera comunità. E quindi anche per me.
I primi ricordi che ho di lui risalgono ai tempi del catechismo.
Io e i miei amici ogni sabato alle 15 ci ritrovavamo nel piazzale davanti all’unica chiesa del paese. Oltre a noi anche i ragazzi delle classi più grandi si radunavano seguendo una regola non scritta. Alle quindici in punto Don Nicola ci guidava in Chiesa. Ma non per il catechismo, non ancora. Bensì per la visitina.
Per chi non lo sapesse la visitina consiste nel recitare una serie di preghiere in gruppo; un saluto al Signore prima di iniziare a fare altro. E sotto la guida di Don Nicola, la visitina era un appuntamento fisso prima del catechismo.
Quello che mi è rimasto impresso ad anni di distanza era l’attenzione che ci veniva richiesta dietro ogni gesto. Per prima cosa, appena entrati in chiesa, dovevamo farci il segno della croce attingendo dall’acquasantiera. Don Nicola diceva che l’acqua che vi metteva era quella proveniente direttamente dal fiume Giordano, presa dal suo viaggio in Palestina. Il fiume in cui Gesù ricevette il battesimo. Ancora oggi lo trovo affascinante.
Dopo il segno della croce dovevamo percorrere parte della navata centrale e poi compiere la genuflessione sotto l’occhio inclemente del Don: chi non appoggiava a terra il ginocchio giusto doveva rifarla.
Una volta che tutti furono entrati ed accomodati ai banchi, catechiste comprese, Don Nicola chiamava un prescelto a recitare le preghiere al microfono. Ricordo ancora quando sudavo freddo in quegli istanti, perchè nove volte su dieci la prescelta ero io. Non ho avuto mai un buon rapporto coi microfoni e i discorsi in pubblico. Ricordo però che Don Nicola era sempre accanto a me e quando non ricordavo la preghiera successiva, me me la suggeriva a bassa voce. E se mai mi fossi affrettata nel recitarne una, mi riprendeva sussurrando un “a tempo”.
Recitate tutte le preghiere era tempo di uscire dalla chiesa, ma prima l’ultima genuflessione davanti al tabernacolo: uno spazio ristretto in cui in fila indiana, con le cartelline di plastica in mano, dovevamo inginocchiarci ed uscire in silenzio.
Questa era la visitina: una adorazione, un saluto, un omaggio a Gesù. Una visita nei confronti di Qualcuno che amiamo. •

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