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Con-patire e con-risorgere

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Accettare la sofferenza, la malattia e la vecchiaia

L’Unzione degli infermi è, forse, tra i Sacramenti quello più temuto, ma anche il più “rispettato”, poiché riguarda un tempo dell’esistenza umana molto difficile. Spesso si evita di parlarne ed a volte ci si riduce a chiederlo negli ultimi istanti di vita, come se dopo tale Sacramento, dice Papa Francesco, arrivassero le pompe funebri. Un tempo si chiamava “Estrema Unzione” e questo lo avvicinava molto di più al momento estremo della morte. Oggi anche il nome ”Unzione degli infermi” ci aiuta ad allargare lo sguardo – sempre dalle parole di Papa Francesco – all’esperienza della malattia e della sofferenza nell’orizzonte della misericordia di Dio e ci permette di toccare con mano la sua compassione per l’uomo.
Nella parabola, il “buon samaritano”, versa sull’uomo ferito olio e vino, lo risolleva da terra e lo affida alle cure dell’albergatore. In questi elementi possiamo trovare l’origine del’Unzione degli infermi, quell’olio versato sulle ferite è lo stesso che il Vescovo benedice nella Messa crismale e con cui i sacerdoti, unici ministri del Sacramento, segnano la persona malata o anziana. L’albergatore, poi, indica la comunità cristiana, convocata dall’amore di Dio, a prendersi cura di chi soffre poiché inchiodato alla sua croce dalla malattia o dalla vecchiaia. Fin dai tempi degli Apostoli era in atto questa pratica, come scritto nella lettera di Giacomo “chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati” (5, 14-15). Preti e laici sono, perciò, invitati a farsi accanto a chi soffre, per portare quel conforto che solo l’amore di Dio, espresso nella vicinanza e nella tenerezza umana, può donare. Siamo soliti pensare che i Sacramenti siano uno speciale premio per chi ha una condotta di vita retta. Il Sacramento, invece, è l’aiuto che la Grazia di Dio ci dà perché possiamo diventare migliori. L’Unzione degli infermi porta con sé conforto, pace, coraggio e perdono. Attraverso di esso chi è malato viene aiutato a chiedere la forza per affrontare la malattia, ma anche la grazia della guarigione e il perdono dei peccati. L’Unzione degli infermi ci aiuta a non cedere alla tentazione della disperazione, ma a vivere con speranza ogni tempo della nostra esistenza, anche quello più disperato.
Di fronte alla forza ed alla serenità di tante persone gravemente ammalate, ci siamo chiesti spesso “ma come farà?” “da che cosa gli deriverà tanto coraggio?”. Nel Sacramento, la Grazia di Dio scende in noi e ci dona quel valore aggiunto che diventa resistenza, forza, amore, esempio, testimonianza. È per questo che noi stessi o chi ci è accanto, quando le forze ci abbandonano, dobbiamo chiedere aiuto, sia alle persone che ci si fanno vicine, sia a Dio attraverso l’olio del Sacramento.
Gli unti del Signore sono i prescelti, i più amati, coloro che ne testimoniano maggiormente la fede. Ricevere più volte l’Unzione degli infermi è sovrabbondare nella Grazia. Non solo la malattia, ovviamente grave, è motivo per chiedere l’Unzione degli infermi, ma lo è anche la vecchiaia, quel tempo finale della vita dell’uomo in cui la debolezza, la non autosufficienza o la poca lucidità diventano spesso compagne di strada. Lì dove il cammino dell’esistenza si fa arduo, Dio, attraverso la Sua Chiesa, ci si fa incontro, si china sulle nostre ferite e vi versa il vino del suo amore per alleviarne il dolore. •

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