Covid: la gara di ritorno

Stampa l articolo
Il girone in cui siamo stati inseriti è davvero diabolico, sembrava che con la gara d’andata, nella primavera appena conclusasi, avessimo visto il peggio del peggio ed invece eccoci qua a soffrire di nuovo, già dai primi momenti della gara di ritorno. Affiorano nuovamente difficoltà e rischi già vissuti.
Allenamenti poco proficui? Nel tempo libero, noi atleti abbiamo pensato di poter comportarci liberamente, senza limiti e freni, con la voglia di dimenticare la gara appena finita.
Forse non volevamo minimamente pensare a cosa ci sarebbe successo a breve. Nonostante, tutti sapevamo che una gara di ritorno, senza ancora una data ben precisa, ci sarebbe stata.
Oggi, la gara di ritorno è arrivata, fortemente impreparati ed increduli ci siamo fiondati in campo con il grandissimo rischio di vivere la medesima storia dell’andata.
La stampa e i tifosi, irriconoscibili, ci hanno preparati ad una passerella: “L’avversario è sconfitto!”, “Sarete da soli in campo!”, “Buttate via ogni schema di difesa, ormai superfluo!”, ecc.
E con questo spirito sì è affrontato l’inizio della gara di ritorno, come se non servisse dare il meglio di sé. Abbiamo riposto nel dimenticatoio l’esperienza passata, impavidi, forse un po’ presuntuosi, ma soprattutto increduli.
“Noi siamo più forti! Il nostro avversario, venuto dal nulla, sconosciuto fino a poco tempo fa, può metterci così in difficoltà?”. Ci dicevano fra noi che non era possibile essere sconfitti di nuovo.
Ma il fischio d’inizio è come se ci avesse presi alla sprovvista, i livelli di adrenalina si sono abbassati di colpo, le gambe si sono fatte pesanti e il fiato più corto. Anzi, man mano che passano i minuti, sopraggiungono problematiche, lentezza, e alla fine qualche infortunio. Improvvisamente è tornato vividamente nella nostra mente cosa era successo all’andata, le sofferenze della scorsa primavera, non molto lontana.
I ritmi di gioco sono sempre più lenti; gli schemi visti e rivisti, provati e riprovati, non si concretizzano mai in “azioni di contenimento”, in azioni vincenti. I tifosi si ritrovano in uno stato di totale confusione, si affidano ad urla e slogan, con “numeri” improvvisati, non riescono ad entusiasmare, ma producono ” incertezze e pessimismo”.
Il susseguirsi, una dopo l’altra, di azioni di gioco infruttuose, come se si contagiassero in maniera esponenziale tra di loro. inoltre, l’insorgere di lamentele tra gli atleti, fa presagire una “catastrofe sportiva”; altro che passerella o successo, un nuovo incubo, ma con la consapevolezza del pericolo e provati della stanchezza che la gara d’andata ha lasciato.
La paura di sbagliare, diffusasi in maniera incontrollata, oramai ha preso il sopravvento e tutti affaticati, quasi inermi, aspettiamo la fine del primo tempo.
Finalmente la pausa! Il mister, probabilmente anch’esso attonito, con uno sguardo ai suoi collaboratori e l’altro diretto a tutti gli atleti ha tuonato: “aprite gli occhi, cercate di riflettete su quello che sta succedendo!”
La squadra sta per giocarsi l’intera “Coppa” e forse è solo colpa di qualcuno che non è riuscito a stare alle regole del gruppo. È sicuramente necessario ripristinare il gioco di squadra, coordinarsi tutti insieme lasciando indietro polemiche e malcontento. L’avversario c’è, è fuori sul campo che ci aspetta, insidioso e anche spesso imprevedibile nella sua azione di gioco.
L’unica cosa da fare è stringere i denti e portare a casa la vittoria, giocando pulito e senza mettere in difficoltà l’operato dei giudici di gara, anche loro in prima linea e direttamente coinvolti.
La stampa sembrerebbe non essere dalla nostra, non va ascoltata. I “rischi” di prendere goal sono molteplici, non possiamo permetterci che il morale si abbassi, quindi indossiamo bene i nostri parastinchi e diamoci dentro.
Coraggio. •
Gaetano Sirocchi, Presidente Csi Fermo

Rispondi