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Alzaia il libro di Erri De Luca

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Il titolo prende il nome dalla fune con cui si tirano dalla riva, contro corrente, le barche lungo un fiume.

Il libro contiene centoventi voci, messe in ordine alfabetico, delle quali l’autore dà delle definizioni come se si trattasse di un vero e proprio vocabolario: agguati, compiti, confini, emigranti, esecuzioni, indifferenza, maternità, nuvole, operai, ricordo, rondine, sazietà, sono io, testimoni, vacci piano, Yiddish, zingari. In ogni voce c’è un dettaglio, un segmento di verità, un appunto da non dimenticare.
Sull’origine di questa novità editoriale è Erri De Luca stesso che ne dà la spiegazione: “Walter Benjamin immaginava di scrivere un libro di sole citazioni, il cui senso fosse dato dall’accostamento, il cui valore d’autore risultasse dal montaggio. Questo libro Alzaia che ammucchia frasi lette e vi appende un commento, è seguace di quell’intuizione”(E. De Luca, Alzaia, quarta di copertina).
Erri De Luca porta nel proprio linguaggio letterario tutta la ricchezza della parlata napoletana, condita con le proprie esperienze di militanza politica, di lotte studentesche e operaie di cui non ha rinnegato nulla. Su questo passato lontano scrive nella voce Aquilone: “La mia generazione che ha avuto vent’anni nei settanta, ha passato molto tempo a battersi e a sbattere contro i poteri di allora. Ho avuto anch’io parte di quell’oltranza per più di dieci anni e insieme a me molti, ora dispersi, ma per sommi capi distinguibili in due destini: gli inservibili e gli adeguatisi. I primi hanno proseguito a sopravvivere in avversione ai traffici di coscienza, alla baldoria e alle stelle filanti, arrembaggio degli anni ottanta. Le scorie tossiche di un’intransigenza pubblica durata a lungo hanno avvelenato le poche possibilità di inserimento nel campo delle professioni, delle politiche, dei favori a rendere. Sono restati al fondo inservibili, uno spreco per le risorse umane di questo paese. Hanno cambiato idea ma non ne hanno fatto commercio, non ci hanno guadagnato. Il criterio empirico ma efficace per valutare i mutamenti, se di coscienza o di interesse, è se uno ci rimette o ci guadagna”(E. De Luca, Alzaia, pag. 15, Super Universale Economica, Feltrinelli Editore, Milano, 2004).
Per introdurre il tema di coloro che dopo il Sessantotto si sono adeguati al cambiamento e gli altri che sono diventati inservibili, Erri De Luca cita un verso del poeta greco Ghiannis Ritsos: “Hanno ammainato le bandiere. Sono rientrati in casa. Contano i soldi”. Continua lo scrittore: “A leggere il verso, gli inservibili sorridono. Gli altri, gli adeguatesi, si offendono intuendo che il verso li riguarda. È così. Per adeguarsi hanno dovuto dissociarsi da se stessi, risistemare il loro passato con molta vernice. Se incontrassero oggi il giovane che furono, non lo saluterebbero. Ai figli, che comunque non vogliono sapere niente, hanno raccontato che è stata colpa dei terroristi se il movimento è appassito. Chiamano sessantotto l’intero decennio settanta. Hanno prosperato. Un altro verso di Ritsos, caro agli inservibili: Ti si è rotto l’aquilone? Lo spago tienilo” (Ibidem, pag. 15).
Fatterelli.
È la piccola rubrica, che don Milani usava nel libro Esperienze Pastorali, per dare forza a quanto scriveva. Anni fa, quando insegnavo ancora, incontrai a scuola un affermato giornalista Rai, con il quale, come ebbe a dirmi lui stesso, avevo condiviso spazi comuni all’Università. Gli ricordai il suo passato di militante di Lotta Continua. Non l’avessi mai detto. Ci tenne a precisare che non era mai stato militante di quel movimento ma del Manifesto. Forse mi ero sbagliato sulla sua appartenenza politica ma in quella precisazione notai tutta la distanza rancorosa che l’occasionale professionista aveva preso da quegli anni. Anni dopo, un insegnante, interpellato sul sessantotto e dintorni, ci tenne subito a precisare che era troppo giovane per parlare di quegli anni; nel mille novecento sessantotto aveva solo dodici anni. Non si riesce a capire perché mai lo stesso scrive delle cose anche interessanti sulla seconda guerra mondiale quando non era ancora nato. Un altro docente, conosciuto quando insegnavo nella Scuola Media di Verano Brianza (1980- 1996), grande esponente del Movimento Studentesco Milanese, tagliava corto su Enzo Tortora; per lui era colpevole e basta. Ho sempre diffidato di tutte queste persone. Non hanno nulla da insegnare. Sono solo opportunisti. Meglio essere l’ultimo idealista impenitente che un arrivista tra tanti. Grazie, Erri De Luca, anche a me è caro il verso di Ritsos: “Ti si è rotto l’aquilone? Lo spago tienilo”. •

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