Tra le case degli uomini la tenda dell’incontro con Dio

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croceLa parrocchia nata dal Concilio Vaticano II è guida materna alla salvezza. È sorgente di liberazione e di riconciliazione delle persone con Dio. È fontana di vita immortale nel mondo. Non è facile, però, comprendere la parrocchia come indicata dal Concilio. I padri conciliari hanno dichiarato nel messaggio all’umanità in quel lontano 20 ottobre 1962: “Durante la nostra riunione, sotto la guida dello Spirito Santo, intendiamo ricercare le vie più efficaci per rinnovare noi stessi, per divenire testimoni sempre più fedeli del Vangelo di Cristo. Ci sforzeremo di proporre agli uomini del nostro tempo integra e pura la verità di Dio, affinché essi stessi possano comprenderla e liberamente accettarla”.

Cosa dice dunque di se stessa la Chiesa del Concilio? Dichiara di essere al servizio del Regno di Dio da realizzare in ogni luogo, tra le avversità che lo ostacolano. La Chiesa è il sacramento di Cristo e deve presenta Cristo, unica “luce delle genti”. Ha il compito di creare fiducia tra la gente testimoniando che la storia è intessuta dalla presenza di Dio e va verso la parousia. La Chiesa comunica il fascino del mistero e offre la nostalgia di incontrare l’Altro come fonte della pace. La Chiesa è ministeriale, al servizio del mondo. Nel dopoguerra ci fu un ventennio in cui la gente si allontanò dalla Chiesa. La società edonistica e consumistica si estraniava con l’indifferentismo. Molti battezzati partecipavano alle funzioni religiose abitudinari e passivi. La maggioranza di laici erano esecutori passivi agli ordini del clero. Si parlava del ruolo dei cattolici in politica e nelle alle istituzioni statali per favorire la Chiesa. Il Concilio Vaticano II affrontò lo sgretolamento degli entusiasmi clericali, mentre i preti soffrivano il disorientamento in una società in continuo e convulso mutamento. La parrocchia post-conciliare manifesta una nuova concezione ecclesiologica che non è cambiamento di strutture, ma rinnovamento di mentalità. Nasce infatti il Consiglio pastorale parrocchiale (CPP). È composto da alcuni parrocchiani che hanno il compito di illuminare alcune situazioni concrete e, al contempo, di formarsi una coscienza ecclesiale. Si moltiplicano i catechisti per bambini e ragazzi. Nelle scuole, l’Insegnamento della Religione viene affidato ad insegnanti laici. Comunione e corresponsabilità sono le parole guida del rinnovamento post conciliare. Il beato Giovanni XXIII rendeva meno burocratica la parrocchia. La indicava come mistero di condivisione dei doni divini, nella figura fugace di questo mondo, orientandolo all’eternità. Con la categoria biblica e patristica di “Popolo di Dio” in cammino, il CPP diveniva compartecipe di questa missione mettendo al servizio dell’unità la varietà di carismi. La Chiesa si arricchisce di una primavera nello spirito: i nuovi movimenti ecclesiali. Il Concilio, senza sminuire la struttura ecclesiastica della sua dimensione gerarchica, ripropone la ministerialità di tutti i battezzati che partecipano dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo. Per edificare il “corpo” di Cristo, la Lumen Gentium, la prima costituzione conciliare del 1964 al n. 32, dichiara sostanziale l’eguale dignità e la comune missione dei fedeli che sono membri dell’unico corpo mistico di Cristo. In ciascuna persona, laico o prete, si manifesta la testimonianza della mirabile unità del “corpo” animato dallo Spirito divino. Il CPP non impone decisioni a chi è stato ordinato dal vescovo e da lui inviato a santificare e reggere, come il Cristo buon pastore, il suo popolo. Piuttosto fa condividere l’apostolato cristiano con il coinvolgimento di tutti i credenti. Non più “Ognuno per i fatti suoi”. Viene creata una configurazione dinamica della compagine ecclesiale. Se prima il parroco poteva apparire come figura giuridica, ora è una figura pastorale. Se prima i laici erano “sudditi”, ora sono anche loro coinvolti con il loro carisma e ministero. L’apostolicità caritativa della parrocchia, con l’energia innovatrice dello Spirito Santo, è attenta alle persone nella loro concretezza. La persona che più entusiasticamente attirava l’ammirazione dei giovani era Madre Teresa di Calcutta. Chi attribuisse al Concilio una struttura statica ed individuale, si trova di fronte ai concreti ministeri che confermano tutto il popolo di Dio nell’unica missione evangelizzatrice, condivisa dall’organismo ecclesiale, comunità di fede, di speranza e di carità. Nelle parrocchie c’è la varietà dei doni che agiscono per l’unità nella pluralità. La condivisione degli impegni parrocchiali richiede ad ogni componente il CPP di pensare e scegliere risposte precise per il bene dell’intera comunità. È chiaro che ci troviamo a riformare noi stessi, come scrivevano i padri conciliari. In questa conversione si colloca l’Ordo Virginum, cioè la presenza di uomini e donne che scelgono la verginità per il Regno che realizzano nella perfetta carità. La Chiesa vive il suo rinnovamento nella sussidiarietà con cui ciascuna persona comunica la chiamata alla santità. È una chiamata che si esplica nel cammino della storia di ognuno. Ciascun battezzato risponde ad una vocazione particolare, ma è finalizzata alla santità e al bene di tutta la Chiesa. Si richiede quindi un’intelligenza teologica per adeguare l’apostolato alle diverse comunità locali in maniera da far risplendere la perfetta carità. Cosa fanno insomma i CPP? Fanno capire meglio la Chiesa, aiutano a cambiare mentalità. Sono il segno che ogni componente della parrocchia è un ministro, un servo che svolge il proprio ruolo di aiuto, di consiglio, di operosità caritativa e missionaria. Ciò non da semplice individuo privato (talora persino marginale) ma come creatore di unità nella comunità in collaborazione interpersonale ed interparrocchiale. La parrocchia stessa manifesta così un suo nuovo ruolo di autonomia spirituale e disciplinare per consentire ai componenti l’apertura e la disponibilità ad agire nell’unico regno soprannaturale. I CPP non svalutano, piuttosto valorizzano l’armonia tra preti, laici, religiosi, facendo capire che la santificazione esige unità, superando gelosie e personalismi. La parrocchia non è più una circoscrizione territoriale chiusa, ma è aperta alle opere di apostolato per testimoniare il Vangelo. Si può dubitare dei CPP. Si può pensare che hanno aderito alle identità culturali ed antropologiche delle diverse aree geografiche entro le quali essi agiscono. Nel cammino, che resta lungo da percorrere, la coesione di preti e laici riesce ad evangelizzare solamente quando fonda la propria azione sulla luce che viene dal divino Spirito. È lo Spirito Santo il protagonista della Chiesa. È Lui che ci rende compartecipi, non nel senso che “tutti facciano tutto”, ma che ciascuno mette al servizio della comunità i propri carismi, sull’esempio di un corpo umano fatto di membra con diverse funzioni. Non sono le trovate geniali, accattivanti, a fare colpo, ma l’umiltà di ogni battezzato che si mette alla scuola del Maestro e Signore che lava i piedi a coloro che manda a portare la salvezza del Suo Regno.

Carlo di Maria

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