Prete: mission impossible?

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paoloiommiIn questo tempo caratterizzato da una crisi di vocazioni ormai così conclamata da essere osservata, come fenomeno, anche da chi non si sente parte della Chiesa, anche se non dovesse venire spontanea, si impone comunque una riflessione circa l’identità del presbitero. Per pochi che ne abbiamo dobbiamo averne così tanta cura e premura da sostenerli adeguatamente nella loro missione.

Nel mio “libro dei sogni” il sacerdote occupa una delle pagine più importanti, perché lo immagino coinvolto nelle “cose di Dio”, che consistono essenzialmente nel far crescere il Suo regno sulla terra. Sogno infatti un sacerdote libero dalle tante beghe quotidiane, non annegato in tante cose, ma così “preso”, unicamente, dal far crescere in modo maturo, ordinato, responsabilizzante, il gregge che gli è stato affidato. Non servono secondo me ricette o alchimie particolari perché il Vangelo, che ha in sé la sua forza, possa esprimersi in tutta la sua potenza, germogliare e farci godere dei suoi frutti.

Proviamo per un attimo, sempre sognando, a pensare cosa accadrebbe della Chiesa e del suo ruolo insostituibile, se semplicemente riuscissimo a “gareggiare nello stimarci a vicenda”. Vedrei benissimo il prete in questo ruolo di stimolo costruttivo, nella diffusione di un “ottimismo cosmico” che, in fondo, è il sentimento che Cristo prova nei nostri confronti.

Un prete che stima tutti, a partire dai suoi confratelli, e che in questo modo promuove una vigorosa costruzione del tessuto ecclesiale e la nascita di nuove vocazioni. È proprio questo il prete che vorrei, un modello di sacerdote proficuamente spendibile per ravvivare una pastorale vocazionale oggi decisamente addormentata.

Serpeggia quasi un senso di timore, che è il frutto non casuale del pessimismo che ci attanaglia, di violare la privacy dei nostri giovani con proposte che possano qualificare il loro futuro. Ma è proprio su questo che dobbiamo lavorare, e da qui che dobbiamo partire per far nascere, oggi, i preti di domani. •

Paolo Iommi

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