Ogni volta mi fermo sotto la cuspide dell’ingresso e ogni volta mi ripeto forte: la Cattedrale se ne sta qui da 1200 anni, quasi mille e trecento. Vertiginoso il solo pensarlo. Ci raggiunge da tanti secoli immobile, silenziosa eppure eloquente. Racconta la nostra storia. La storia di Fermo, dei suoi castelli, delle terre amiche e di quelle che lo furono e lo sono di meno. “Perché ci attraggono quelle Pietre?”, si chiedeva la grande poetessa spagnola Maria Zambrano. “Perché sono vive”, si rispondeva. Perché, volenti o meno, ci appartengono, sono dentro di noi. Sono la nostra cultura. Qualcosa che viene dal passato e su cui possiamo costruire il futuro. Passo dopo passo. 50 comuni intorno guardano il Duomo. Lo ripeteva, sempre stupito, l’indimenticato arcivescovo Gennaro Franceschetti. Città splendore delle Marche, secoli prima definiva Fermo il vescovo Bonafede, che d’arte e dunque di bellezza s’intendeva molto (commissionò a Lorenzo Lotto la stupenda pala della Crocefissione, che si trova oggi in una minuscola chiesa di Monte San Giusto).
Eppure, scorrendo i dati dell’ultimo rapporto sul turismo regionale, il Fermano non ha proprio da rallegrarsi. I tour operator internazionali non ci prendono in considerazione. “Nel dettaglio provinciale, – scrive l’Unioncamere – si posizionano tra le province più richieste dai tour operator internazionali quella di Ancona (47%) e di Pesaro – Urbino (35%), sostanzialmente stabili rispetto al 2012, e Ascoli Piceno (32%), in netta crescita rispetto al 2012. Nel 2013, in particolare, i mercati che mostrano interesse per la maggior parte delle province, ad esclusione di Fermo, sono quello europeo e statunitense”.
Ed ancora: “L’esclusione di Fermo dalla programmazione 2013 è riconducibile ad un malessere che riguarda tutte le province delle Marche: la debolezza dell’immagine e della notorietà dell’offerta turistica locale. I tour operator, infatti, sono stati chiamati ad esprimersi sulle motivazioni della mancata commercializzazione delle destinazioni marchigiane: 7 su 10 hanno ricondotto tale carenza alla mancata richiesta da parte dei turisti e 2 su 10 alla mancanza di conoscenza dei territori. Tali motivazioni, strettamente legate paventano la necessità di comunicare in modo più determinato sia la destinazione Marche, che le singole realtà da descrivere per le proprie connotazioni locali”.
Sin qui lo studio. Che punta l’indice su una incapacità comunicativa, non tanto tecnica, quanto di sostanza e di fascinazione. È un po’ come dire: siamo ricchi di tesori ma ci manca la malia del loro racconto. Un punto di “forte debolezza” al solo pensiero che sono state costruite e ben finanziate realtà associative – non occorre far nomi tanto sono conosciute localmente – con finalità di diffusione e conoscenza delle nostre terre, e che riponiamo nel turismo una risposta alla crisi. Sperando che qualcuno il problema se lo ponga. Meglio prima che dopo, quando sarebbe troppo tardi. •
Adolfo Leoni