Cosa ricorda dei suoi primi anni di Seminario?
Ricordo il 4 ottobre 1948, quando a piedi, alle quattro del mattino, dai Rustici, ci siamo avviati alla stazione di Amandola per prendere il trenino. Mio padre portava sulle spalle il materasso, mia madre una valigia in testa ed io una borsa leggera.
I primi anni del seminario furono tremendi: nostalgia di casa, i pianti, una febbriciattola per cinque anni di seguito, il duro impatto con la scuola.
Il primo giudizio del compito di italiano: “Zappatore, torna ai tuoi campi!”. Arrivò comunque il giorno dell’ordinazione, il 19 marzo 1962 in Amandola, nella Chiesa di S. Francesco.
Quale dei 54 anni di sacerdozio è stato il più bello?
Gli ultimi no. Da quando vivo qui, nella Casa del Clero, non mi sento di essere pastore nella sua totalità.
Mi manca il rapporto con la gente. Per questo vado dove mi chiamano per celebrare messa o per confessare. Ho un bisogno vitale di rapportarmi con la gente.
Di questi anni trascorsi, direi che non c’è un anno particolare, ma un periodo. Ed è quello trascorso a S. Vittoria in Matenano, paese dove ho vissuto per 30 anni, gli ultimi dei quali sono stati molto faticosi, ma bellissimi. Dovevo servire tre comunità parrocchiali: S. Vittoria, Montefalcone, Smerillo. Ero sempre in macchina, sulla mia Panda quattro per quattro. La ricompensa dell’amicizia della gente mi faceva dimenticare la stanchezza. Però il mio corpo ha registrato tutto facendomi ammalare con un’ischemia che mi ha costretto a moderare i miei impegni fino a fermarmi nella Casa del Clero del seminario di Fermo.
Come svolgi la tua vita nella Casa del Clero del Seminario?
La vita si svolge come la svolgono tutte le persone anziane. Dormo poco, mi sveglio di continuo. Scendo per la colazione alle ore 8, poi preghiamo le Lodi, quindi torno in camera o esco. Alle 13 c’è pranzo. Poi nel pomeriggio, leggo qualcosa o incontro la gente. Alle ore 18.30 celebriamo insieme la Messa.
A me piace però rimanere pastore della gente.
Mi piace Papa Francesco quando ci esorta ad avere l’odore delle pecore. Infatti approfitto di ogni occasione per rendermi utile in qualche comunità. Di solito, la domenica, celebro nella chiesa di Salette, a Fermo. Spesso vado in Cattedrale o a Villa Nazaret a confessare. Sono sempre disponibile ad andare dovunque mi chiamino.
Un sacerdote è sempre sacerdote anche se è avanti negli anni e se è un po’ acciaccato. È bello essere ministri della riconciliazione e donare alla gente quel Dio che è morto e risorto per la nostra salvezza.
Quali difficoltà incontra?
Nessuna. Sono contento. Mi piace essere sacerdote. Lo rifarei ancora. Non ho mai dubitato di questa mia vocazione. Non so da dove derivi tanta serenità. Sicuramente è azione dello Spirito Santo.
Le principali difficoltà che ho incontrato e che incontro sono quelle dovute alla malattia.
Fosse per la mia salute, mai avrei dovuto essere ordinato. Ero sempre malaticcio. Ma la provvidenza non segue le vie degli uomini. Ed eccomi qua, ora, a tagliare questo importante traguardo dei 54 anni di sacerdozio.
Cosa ricorda della sua ordinazione?
Mi ha ordinato Mons. Norberto Perini nella chiesa di S. Francesco in Amandola. C’erano 80 centimentri di neve. Don Peppe, il parroco, chiamò una folla di contadini ad aprire la strada per far passare la millecento nera del Vescovo che veniva da Fermo.
Lei è un devoto della Madonna. Da dove nasce la sua devozione?
Nasce dal rapporto con mia madre. Devo la mia formazione a mia madre e a don Marcello Manfroni, mio padre spirituale.
Come festeggerai questo traguardo?
Con la compagnia e la partecipazione degli altri sacerdoti con i quali condivido ogni momento della vita nella casa del clero del Seminario.
Come ti ci trovi?
Molto, molto bene. Direi troppo bene. Grazie soprattutto a due religiose della Congregazione delle Ancelle di Cristo Sacerdote. Hanno un carisma particolare. Vogliono ricordarci ogni momento l’altezza vertiginosa del nostro ministero sacerdotale. È una congregazione significativa per noi sacerdoti. Mancava nella nostra Diocesi.
Le perpetue non ci sono più. E quindi è meritoria la Casa del Clero diocesana per aiutare i preti soli a non morire da soli, abbandonati da tutti.
Abbiamo la fortuna di sapere che c’è qualcuno che, anche in caso di malattia grave, continua a volerci bene come il Dio che abbiamo servito e ci onora del carisma di essere ministri di Dio. •
Ma chi se ne Fotte !!! Questa gente va eliminata dalla società. Siamo nel 2016 ed ancora ci sono persone che credono a questi lestofanti.
“Gentile” sig. Davide Fontana, nessuno la costringe a visitare il nostro sito che, come è ben specificato già dall’homepage, pubblica articoli riferiti alla Diocesi di Fermo. Per fortuna sua e di tutti, ci sono migliaia di fonti di informazione che lei può ritenere più idonee alle sue idee.
Ci dispiace che lei sia così livoroso nei confronti di una persona che presumiamo nemmeno conosca personalmente.
Le auguriamo comunque una buona giornata.