Addio dogmi. Alla ricerca di un nuovo orizzonte di comprensione del divino
Vito Mancuso ha appena pubblicato da Garzanti: Dio e il suo destino. Con la generosità e la passione intellettuale che lo contraddistinguono, il teologo si accinge infatti a dichiarare finita l’idea di Dio che ha caratterizzato le religioni del Libro, ebraismo, cristianesimo e islam, basate su un’immagine di Dio come entità onnipotente radicalmente distinta dal mondo che ha creato, misterioso responsabile quindi di tutto, dell’inizio e della fine, del bene e del male.
Mancuso propone una nuova immagine di Dio, data dal suo coinvolgimento nella vicenda del mondo che egli ha originato e con il quale, però, non coincide, essendo anche il superiore fine di ordine e armonia (logos) cui l’universo tende dalla sua immensa complessità cosmica (caos). Questa nuova idea di Dio si sviluppa dal riconoscimento delle due logiche che governano l’esistenza, quella del senso e del bene e quella dell’assurdo e del male, e della loro rispettiva imprescindibilità: sono vere entrambe e contemporaneamente.
Dio deve dar conto di questa costitutiva contraddizione del creato e lo può fare solo assumendola in se stesso, entrando anche lui nella vicenda di bene e di male, di gioia e di dolore, di senso e di assurdità, di stelle e buchi neri, ma garantendo, in questo modo, anche alla negatività e al dolore una ragione, che è, per il cosmo, quella dell’indeterminazione e, per l’uomo, quella della libertà di scegliere tra bene e male, perché se tutto fosse già perfetto non ci sarebbe né evoluzione né libertà di scelta, non essendovi ragione per modificarlo. Mancuso crede in questo nuovo Dio perché ritiene di dover optare per il bene e per la giustizia, di dover cercare nel caos della natura e nelle sofferenze della storia quella via dell’ordine armonioso e giusto che solo la più avanzata delle creature conosciute, l’uomo, è in grado di vedere e volere.
La sua teologia ha un così forte fondamento etico che il libro è dedicato a don Andrea Gallo e si chiude nel ricordo della sua istintiva, candida percezione di un Dio “antifascista”, che si batte cioè costitutivamente per la giustizia contro la sopraffazione e l’iniquità in tutte le loro forme. Mancuso archivia il Dio monarca cattivo dei vecchi monoteismi, oggi venerato soprattutto dall’islam come si è appena visto nella strage di Parigi, e porta a conseguenze radicali il Dio fraterno del nuovo cristianesimo di papa Francesco, un Dio disseminato nella creazione, di cui condivide la potenza e la fragilità e alla quale indica (non coincidendo quindi con essa, ma restando oltre, trascendendola) la strada, la meta della perfezione, del bene e della giustizia.
Farà molto discutere questo libro, perché smonta integralmente la teologia occidentale, archivia i dogmi, ridimensiona i culti e i riti, proponendo un Dio che è mescolato nel suo universo e lo condivide con l’uomo e le altre creature, estremo, radicale frutto teologico della grande intuizione cristiana del Dio incarnato, fatto natura biologica e storia umana. Mancuso riprende ovviamente il suo precedente lavoro teologico, perché questa nuova concezione di Dio non si darebbe senza un ripensamento (da lui fatto in altri libri) dell’uomo e della vita alla luce delle nuove scoperte scientifiche, che indurrebbero a cogliere l’anima spirituale dell’uomo nel surplus di energia che lo caratterizza e lo mette, unica tra le creature note, in condizione di operare liberamente, assecondando o ostacolando la tensione all’armonia, alla complessità ordinata, al bene, al giusto, che percorre l’universo e la nostra esistenza.
Mancuso è un intellettuale onesto oltre che un teologo straordinariamente preparato: si dichiara credente ma non nasconde che la religione in questo nuovo Dio istituisce un legame diverso tra Dio e l’uomo, in cui ognuno, l’uomo e Dio, è responsabile dell’altro. Non c’è dubbio che solo dal cristianesimo moderno, così ispirato ai principi del bene e della giustizia, alla protezione dei deboli e ora anche della natura, poteva svilupparsi una teologia che cambia radicalmente i connotati del Dio tradizionale e propone un nuovo Dio, personale e cosmico, ricco di amore distribuito e di dolore condiviso. Il Dio di Mancuso è trinitario perché costituito di relazioni, col mondo naturale e con gli uomini: «trinitas esprime la relazione quale dimensione prima e ultima della realtà».
Basterà questa coraggiosa novità teologica a salvare Dio dal suo destino, che lo fa o troppo cattivo e potente, braccio armato del sempiterno delirio di potenza, o così tenue e lontano da sparire dall’orizzonte dell’uomo occidentale, che sempre più ne fa oggi a meno, rinunciando a chiedersi ragioni e direzione della vita e puntando solo sui beni materiali, senza attesa e voglia di bene e di giustizia? Non lo so. Non lo sa, onestamente, neanche Mancuso, che ammette che la sua fede in questo Dio nasce da una decisione morale per il bene e il giusto, per la pace, prima che dalla riflessione teologica. Mancuso sa che si può amare la vita, il bene, l’ordine armonioso, la pace e la giustizia e non cercare Dio per spiegarli, ma è convinto che solo la misura assoluta della trascendenza garantisca la tenuta di questi valori morali e cosmici. Senza il pensiero di Dio, secondo lui, bene e giustizia restano appesi a un filo troppo fragile: perché si dovrebbero cercare, con la fatica che comportano, anche quando, poniamo, sarebbe molto più comodo e redditizio infischiarsene? Sta qui la generosità morale di questa teologia rivoluzionaria, che non si ferma di fronte a nessun rischio conoscitivo perché crede in un progetto di bene, di senso, in una creazione continua, bisognosa di incessante perfezionamento e miglioramento da parte di Dio e da parte dell’uomo.
Mancuso si rivela figlio maturo del cristianesimo proprio nel momento in cui ne congeda gran parte della storia e della teologia: solo un cristiano convinto può infatti avere ancora tanta fiducia nell’uomo da puntare sulla sua ansia di senso, di armonia, di bellezza, di bene, piuttosto che sulla sbadataggine ottusa in cui a me sembra purtroppo, oggi come non mai, immerso. Ma una cosa è certa, dopo l’orrore di Parigi, e il libro di Mancuso la insegna con coraggio: bisogna ripudiare il dio potente e oscuro nel cui nome si è ucciso, si uccide e ci si uccide, rispuntato imprevedibilmente dal Medioevo teologico nel XXI secolo ad armare i nuovi fondamentalisti. •
Vittorio Coletti