Le udienze sono occasione di incontro autentico con le persone

Urge un cambio di mentalità di clero e laici

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Il coraggio, la bellezza, la profondità della spiritualità e dell’azione pastorale di papa Francesco

“Da Pio XII a Francesco. Sono sette i papi che mi hanno accompagnato fino ad ora. Di papa Pacelli ho una memoria lontana nel tempo. Ero da solo nella vecchia casa di campagna a Santa Lucia di Morrovalle. Era sera tardi. Ricordo che la radio, uno dei primi Magnadyne, stava dando in diretta i suoi funerali. Ero piccolino. La radio era posta in alto su una mensola. Presi una sedia e aumentai il volume per ascoltare meglio. Di papa Giovanni XXIII ricordo l’indimenticabile discorso alla luna. Gli altri papi, più vicini nel tempo: Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II hanno segnato la mia maturità. Benedetto XVI e papa Francesco mi stanno indicando strade nuove ma ancorate nel più recente passato tracciato dai loro predecessori.
Papa Bergoglio, appena dopo la sua elezione, con quel suo “Buona Sera”, proferito con voce di padre e di amico, entrava nella mia come nella vita di tutti. Era un nuovo modo di comunicare semplice e spontaneo.
I suoi continui appelli a uscire, per incontrare le più lontane periferie dell’anima, pongono ogni cristiano verso nuove ma anche antiche strade. Testimonianza, carità e misericordia sono i pilastri dell’annuncio cristiano. Molti, forse anche tanti, rimangono perplessi quando invita ad aprire le chiese per dare un ricovero a chi non possiede una casa. Certo, sono delle provocazioni, ma vanno accettate perché sincere. Non c’è nulla di più pericoloso di una religione che si cristallizzi in pratiche di culto fine a se stesse. Peggio è pensare a quanti nella chiesa si attardano su posizioni di potere. Impediscono l’annuncio. Sono uno scandalo per tutti. L’unico potere del pastore è quello del servizio. L’autoritarismo non fa crescere nessuno. Allontana soltanto chi è nella chiesa né tanto meno fa entrare chi è in cerca di una parola che salva. “Cristo non è uno slogan di Papa Francesco”, come scrive Eraldo Affinati nel suo ultimo libro “L’uomo del futuro – sulle strade di don Lorenzo Milani” (Raimondo Giustozzi).
Don Gabriele Gaspari, sacerdote salesiano, vice parroco della Parrocchia San Marone, Civitanova Marche, scrive: “Rileggendo l’episodio avvenuto nel territorio di Cesarea di Filippo, quando Gesù si rivolge a Pietro e gli dice: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa (Mt. 16,16-18), si percepisce tutta la portata della missione che Pietro dovrà svolgere, governando la barca della Chiesa.
Gesù assicura i suoi discepoli che non li lascerà in balia delle situazioni storiche che si verificheranno nel corso dei secoli, ma la sua barca supererà tutte le tempeste che essa dovrà affrontare. Ha bisogno perciò di un comandante che dia sicurezza all’equipaggio e che sappia governare la sua barca affrontando vittoriosamente l’impeto dei flutti.
Nel corso dei secoli, la Chiesa, guidata da Pietro e dai suoi successori, si è trovata ad affrontare numerose e violente tempeste ma ne è uscita sempre rinnovata e vittoriosa. Senza andare molto indietro nel tempo, possiamo prendere in considerazione gli avvenimenti del secolo scorso, per renderci conto che le parole di Gesù sono ancora vere e attuali. In alcuni periodi sembrava che la Chiesa fosse a un passo dallo scomparire per aver esaurito la sua missione ma proprio in questi momenti il vento dello Spirito ha fatto sentire la sua presenza e la nave di Pietro ha ripreso veloce e sicura la sua navigazione verso il futuro.
Considerando il lavoro dei vari papi, che hanno governato la Chiesa nell’ultimo secolo, ci rendiamo conto della loro diversa personalità. Ognuno ha dato alla Chiesa quell’impostazione che il momento storico richiedeva e che nessuno avrebbe potuto immaginare. Ognuno ha dato quel colpo di timone che ha assicurato alla barca di Pietro quella vitalità che la fa essere giovane. È la realizzazione di quella primavera della Chiesa enunciata da S. Giovanni XXXIII nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II.
Oggi stiamo vivendo i vari colpi di timone che Papa Francesco sta imprimendo alla barca di Pietro. Questo papa, venuto dalla fine del mondo, come lui stesso ebbe a definirsi nel suo primo discorso dalla loggia di San Pietro, ha portato all’interno della Chiesa tutta la sua carica pastorale maturata in situazioni molto delicate nell’America Latina.
La sua apertura al dialogo con la società attuale a volte disorienta per la novità e la concretezza che la caratterizza. La sua capacità di accostare la gente e lasciarsi avvicinare, rischia a volte di scomodarci dal nostro modo tradizionale di vivere la propria fede. Le sue indicazioni pastorali a volte ci colgono di sorpresa. Ci rendiamo conto che anche il vicario di Cristo, come il suo Maestro, diventa a volte segno di contraddizione. È questo il prezzo della fatica che siamo chiamati a sostenere per liberarci da una certa mentalità piuttosto diffusa nella nostra società che è lontana dalla logica del Vangelo e che rischia di contaminarci. Il cambio di mentalità o conversione come di solito la si chiama è sempre faticoso, richiede un certo tempo per sviluppare tutta la sua vitalità ma, come dice un vecchio proverbio, il gioco vale la candela” (Don Gabriele Gaspari).
Don Ezio Rossi, sacerdote salesiano, incaricato dell’Oratorio San Domenico Savio, Parrocchia San Marone, Civitanova Marche, scrive: “C’è una caratteristica della sua personalità che colpisce più di tutte: ascoltare ogni persona con cuore libero,  ovvero senza pregiudizi, con umiltà ed interesse per persone che vogliono avvicinarlo per parlargli o semplicemente per salutarlo.
È sbalorditivo il modo in cui legge la realtà degli eventi quotidiani a livello planetario con estrema tempestività e grande coraggio nel dire la verità profonda. Quale atteggiamento o comportamento di papa Francesco è più decisivo per tale successo? È difficile dirlo perché di lui non colpisce solo l’evento tanto strepitoso quanto straordinario come quello, ad esempio, relativo alla visita a Lampedusa il giorno dopo la sua ascesa al soglio pontificio o come la visita apostolica nella Repubblica Centrafricana, contribuendo in maniera determinante alla fine della guerra civile. La straordinaria bellezza della spiritualità e dell’azione pastorale di papa Francesco attira la benevolenza e la simpatia di persone di tutto il mondo, non solo cattoliche e cristiane. Bisogna tornare a più di mezzo secolo fa per trovare una personalità famosa a livello internazionale, capace di affascinare allo stesso modo: papa Giovanni XXIII” (Don Ezio Rossi). •

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