Teologia: né peso, né lusso

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Entrando nell’Aula Magna Benedetto XVI della Pontificia Università Lateranense a Roma, per partecipare ad un convegno, sono stato attirato dall’enorme mosaico sullo sfondo, in cui campeggia l’immagine di Cristo in trono, con la scritta latina Magister vester unus est Christus. Lo stile assomiglia molto all’abside di molte Chiese e Basiliche romane, in cui luminosi e meravigliosi si presentano gli antichi mosaici, quasi ad evidenziare chi è il protagonista di ogni azione liturgica e preghiera. Anche nell’aula del sapere teologico è Cristo al centro. O meglio dovrebbe essere, quando la teologia non perde il suo scopo ed il suo centro. Ho riflettuto sull’esperienza di molti studenti di teologia (tra cui tutti noi presbiteri) di aver pensato alla loro fede e la fortuna di alcuni di aver potuto proseguire gli studi approfondendo quanto appreso nel corso istituzionale. Ricordo con grande amarezza la sofferenza di molti sacerdoti-docenti di teologia, valutati dai parroci, loro confratelli, “disertori della pastorale”, considerati chiusi nella torre d’avorio delle loro biblioteche e lontani dalla gente. Finiti (ma non del tutto) questi tempi di pregiudizi ma anche di santa invidia (siamo uomini!) oggi la teologia non è più privilegio di pochi, ma patrimonio accessibile a tutti i cristiani che non si accontentano di ciò che hanno appreso a catechismo ma vogliono, anche attraverso l’approfondimento scientifico, rendere ragione della speranza che è in loro.
Il nostro Istituto Teologico a Fermo è una splendida opportunità che ha offerto enormi possibilità di ricerca e di stimolo alla riflessione.
Tutti i cristiani dovrebbero formarsi e la formazione è la cosa più necessaria nelle nostre comunità cristiane.
Tali motti, di moda in tutte le parrocchie, non incontrano un’altrettanta voglia di concretizzare questi santi propositi…
O meglio formazione cristiana e formazione teologica sembra ancora un binomio tanto distante dalla mentalità comune. Causa è certamente una sorta di pigrizia di cui soffrono i nostri operatori pastorali, già gravati dai molti servizi che fanno evidentemente fatica per età e per disabitudine allo studio, a prendere in mano un libro di teologia. Ma molto spesso, ritornano antichi pregiudizi clericali, per cui l’essenziale è essere in mezzo alla gente e non chiuso nello studio parrocchiale a studiare.
Certo è vero che spesso alcuni studiosi (anche teologi) persi nei loro pensieri, non sono in grado di accorgersi e salutare calorosamente la gente ma è pur vero che molte banalità potrebbero essere evitate da operatori pastorali, che si preparano oltre che in ginocchio, anche seduti su una scrivania con un buon libro di teologia.
Il Signore non ha mai maledetto chi si guadagna il pane, sudando per elaborare un concetto (anche teologico). Certamente non tutti saremo chiamati ad insegnare (i carismi nella Chiesa sono molteplici) ma sicuramente l’Unico Maestro non si rattristerà se i suoi discepoli sapranno ben trafficare i talenti dell’enorme ricchezza teologica maturata nei secoli.
“I presbiteri che esercitano bene la presidenza siano trattati con doppio onore, soprattutto quelli che si affaticano nella predicazione e nell’insegnamento. Dice infatti la Scrittura: Non metterai la museruola al bue che trebbia e: Il lavoratore ha diritto al suo salario.” (1 Tm.5,17-18). •

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