Baby insegnanti

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È il titolo del libro presentato nella sala della biblioteca civica “S. Zavatti” di Civitanova Marche, sabato 30 settembre 2017, scritto da Flavia Trabalzini, presente alla serata assieme ad Agostino Basile e Agata Turchetti, davanti ad una trentina di persone. Alcuni bambini hanno letto diverse pagine del testo. Barbara Capponi, assessore all’istruzione, e Maika Gabellieri alla cultura, hanno portato i saluti dell’Amministrazione Comunale.
“L’autrice non ci rappresenta il suo modello di Scuola consegnandoci un nuovo scritto che disponga orari, discipline, banchi, libri in modo possibilmente originale rispetto ai fiumi di parole che hanno preceduto le sue. Il sottotitolo allora diventa illuminante: la voce dei bambini nel silenzio. Sono loro a raccontarci “la Scuola come la vorrei”, un non luogo dove la maestra è la direttrice di montessoriana memoria che, in cabina di regia, osserva, impara ad ascoltare i suoi alunni e si esercita in una palestra di umanità, in cui nessuna metodologia può compensare un’assenza di presenza” (Agata Turchetti, Per una pedagogia dell’immaginazione).
“Il testo ci aiuta a comprendere il mondo dei bambini partendo da loro. Da quello che provano, pensano, desiderano. Tristezze, gioie, fantasie, ricordi e speranze si mescolano e si fondono fino a diventare una grande lezione per gli adulti che desiderano capire” (Agostino Basile, Lo sguardo che va oltre).
Flavia Trabalzini, l’autrice del libro, definisce la Scuola “Tempio dell’Educazione, il luogo, dove il bambino impara a confrontarsi con i suoi pari e con gli adulti”.
Ciò contrasta con la richiesta delle famiglie che puntano verso la “formazione di un individuo che sappia distinguersi nella società, non tanto per l’onestà, la dignità e l’educazione ma soprattutto perché possa arrivare primo e avere successo, anche a discapito degli altri”.
Spesso, la scuola si piega a questa richiesta, scrive l’autrice. Il risultato! Tanti adulti, anche con cariche pubbliche importanti, non rispettano le regole né sanno comunicare in modo rispettoso nei confronti dell’altro. Eppure sono stati bambini anche loro. In questo modo la scuola, che si definisce agenzia educativa, ha abdicato al suo compito.
Invece “L’affettività è la carica, l’energia, il motore che rende attivo ed efficace l’apprendimento. La scuola dev’essere un ambiente educativo prioritario se non vuole compromettere anche la propria funzione istruttiva. L’attività didattica non può essere schiacciata sulla dimensione meramente cognitiva in opposizione alla funzione valoriale e affettiva dell’educazione”.
Scrive ancora Flavia Trabalzini: “Concedere ai ragazzi di esprimersi come credono e possono o permettersi una replica, rovescia il ruolo cui si sente costretto chi insegna: piuttosto che limitarsi a sorvegliare e giudicare, concede e si concede spazio e tempo per ascoltare il dolore e il disagio di un alunno. La necessità di terminare i programmi ministeriali ruba spazio alla riflessione e all’apprendimento. Insegnare significa insegnare a qualcuno a divenire un soggetto”.

Belle le poesie degli alunni sul tema dei desideri:
“Vorrei un papà volante con i brillantini. / Vorrei che al buio s’illuminasse e che fosse multicolori; / vorrei che avesse i capelli corti e marroni, gli occhi marroni, / il naso a patata e la bocca carnosa…” (Descrivo il mio papà ideale, M.P).
L’alunno realizza anche un bel disegno sul suo papà ideale. Divertente è il desiderio manifestato da un alunno, invitato a scrivere una poesia dal titolo Se fossi il sindaco. “Se fossi sindaco di Fermo, / andrei avanti. / Se fossi sindaco di Toro, / prenderei una mucca. / Se fossi sindaco di Angolo, / costruirei una parete. / Se fossi sindaco di Ossi, / avrei molti cani. / Se fossi sindaco di Felino, / farei le fusa. / Se fossi sindaco di Furore, / starei sempre calmo. / Se fossi sindaco di Mosso, / il mare sarebbe calmo (Se fossi sindaco, C.K.).
La scuola immaginata dai bambini: “Dovrebbe essere tutta colorata, con caramelle che scendono dal tetto con fili di zucchero. Vorrei che avesse un soffitto con sopra ricordi speciali di tutti i bambini che hanno frequentato questa scuola… “ (S. M.).
“La scuola mi fa pensare a un luogo, dove si lavora sempre… quindi adesso si chiamerà casa di studio. Nella mia casa di studio vorrei avere banchi e sedie più grandi e comodi, solo alcune maestre e che soprattutto che il casino fatto da pochi sia riconosciuto solo a quei pochi alunni, non a tutta l’altra fetta di classe innocente…” (R. B.).
Invitati al silenzio per trovare il vuoto fertile che è in ognuno di noi, i bambini scrivono.
“Il silenzio più assoluto è una poesia, una lunga e silenziosa poesia, può essere anche una specie di musica, come uno stereo rotto non fa rumore…” (R.B).
“Per me il silenzio è calma, serenità e riposo; quando ci rimettiamo a lavorare sono carico e pronto per affrontare un’altra ora di lavoro e il resto della giornata…” (M.M.).
“Il silenzio è il rumore più forte e più bello, dissero grandi poeti; tutto il mondo ogni giorno dovrebbe rimanere un minuto in silenzio, perché esso è vita! Il silenzio potrebbe sistemare tutto, come forti mal di testa; credo che tutti dovrebbero vivere di questo piacere” (A. P.).
“Quando sto in silenzio, penso solo di stare in un prato colmo di rose e fiori, penso di volare insieme a tutte le farfalle che sono lì. Vorrei avere la sensazione di stare in mezzo alla natura e annusare il profumo dei fiori; mi sdraierei a terra e guarderei il cielo e sognerei di saltare in mezzo alle nuvole…” (S. M.).
“Quando sono in silenzio penso al buio e poi immagino che ci sto solo io e non faccio niente, sto ferma immobile e poi inizio a camminare, corro, salto… Poi inizio ad immaginare i miei amici, la mia famiglia e poi che ci sia una città, una fattoria, le montagne; insomma come se fosse un mondo dentro la mia testa… Un giorno ho immaginato che non esistevo, che non ero ancora nata e così pensavo: Come sono nata? Così mi chiesi: Ma come ho fatto a nascere? Così pensavo e poi l’ho scoperto da mamma…” (G.S.).
Il tema dedicato al silenzio occupa la parte più cospicua del libricino, quindici pagine sulle sessantatré dell’intero volumetto che va letto dagli adulti, docenti, papà, mamme e nonni perché la sua lettura permette di conoscere il mondo interiore dei bambini.•

Flavia Trabalzini, nata a Roma nel 1970, nel 2004 si è trasferita a Civitanova Marche dove attualmente vive. Diplomata in Educatore di Comunità, presso la Facoltà di Pedagogia, ex Magistero di Roma.
Laureata in Scienze dell’Educazione, Vecchio Ordinamento (già Pedagogia), presso la Facoltà di Scienze della Formazione, Uni Tre, Roma. Specializzata in Pedagogia Giuridica e in Gestalt-Counselling.
Ha lavorato per anni nella formazione e supervisione del personale degli Asili Nido Comunali e privati del Comune di Roma e di Porto Potenza Picena (MC); come formatore e supervisore degli operatori (AEC) per l’integrazione scolastica degli alunni disabili nel Comune di Roma.
Attualmente insegnante nella Scuola Primaria a Civitanova Marche, consulente nelle relazioni d’aiuto alla famiglia e formatrice.

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