A farle da eco è intervenuta María Contreras, coautrice del libro “Neuropsicologia della Sessualità”: in Internet, ragazzine sempre più bambine, scambiano e diffondono foto con posizioni seduttive o a sfondo sessuale “per conseguire popolarità, fiducia e sicurezza”, per essere accettate da parte del gruppo, con il risultato che ormai si è diffusa la convinzione che “per avere successo nella vita devi provocare, essere carina” e sedurre.
Non desti dunque stupore la recentissima notizia della sessantina di liceali modenesi minorenni, che la scorsa estate hanno creato una chat di Whatsapp in cui si sono ritratte nude; da “segreta”, la chat è divenuta “pubblica” e le foto hanno cominciato a circolare tra i compagni di scuola, come riferisce Qn-Il Resto del Carlino.
Non desti stupore, dicevamo, perché la pratica delle immagini in pose seducenti o ambigue comincia molto, troppo presto, anche alle scuole medie. Basta visitare alcuni profili pubblici di Instagram aperti da ragazzine del 2005 e le discussioni anonime che la chat Thiscrush, collegata a Instagram, permette di fare: è una doccia fredda, un colpo al cuore entrare in questi abissi esistenziali con migliaia e migliaia di insulti sessuali, parolacce, commenti su parti del corpo femminile più o meno sviluppate di ragazzine di (forse nemmeno) 12 anni, che si sono esposte con foto più o meno evidenti o che hanno raccontato o fatto intuire le loro esperienze a sfondo erotico con coetanei; fa tremare di paura leggere di anonimi che propongono rapporti sessuali a ragazzine (forse appena) puberi, di cui si sa come si chiamano, dove abitano, quanti anni hanno e che scuola frequentano. Si capisce, da cosa e come scrivono, che moltissimi sono coetanei e coetanee della stessa scuola media, ma si intuisce che ci sono anche adulti deviati e perversi.
Purtroppo dobbiamo constatare che la quasi totalità del mondo educante, in scuole, oratori e parrocchie, si sta girando dall’altra parte, rispondendo, a chi sollecita il problema, di non fare di tutte le erbe un fascio o di non demonizzare tutto; così, si preferisce parlare di bullismo, di rispetto e di una serie crescente di fobie e para-fobie, piuttosto che andare in rete a vedere cosa fanno coloro che siedono tra i banchi di scuola o nelle aule del catechismo, per il loro stesso bene, oltre che per la loro salute mentale ed il benessere. E non si tratta, purtroppo, di un fenomeno circoscritto o deviante, ma di una tendenza che rischia di interessare la totalità delle prossime generazioni. Forse il mondo educante non sa o non vuole sapere, perché fa davvero male vedere la tragedia di migliaia di ragazzine che, lasciate sole, si espongono a ripetuti messaggi violenti a sfondo sessuale, che potremmo chiamare pure “violenza sessuale mediale”; il tutto, credendo di guadagnare punti nel gruppo ed un attimo di gloria, che, lo sappiamo, svanisce nel tempo di un click, lasciando un vuoto ancora più profondo da colmare. •
Marco Brusati