La mente dell’altro
La Comunità San Claudio, nata dal felice connubio tra l’esperienza della Comunità di Capodarco e della “Cooperativa 13 maggio” di Civitanova Marche, ha festeggiato i suoi primi vent’anni di attività. Erano presenti alla serata tutti gli operatori della Comunità San Claudio, inaugurata il 30 gennaio 1998, fortemente voluta da don Vinicio Albanesi, presente all’evento. Il sacerdote, presidente della Comunità di Capodarco, ha ricordato con commozione l’amico sacerdote don Lino Ramini, scomparso il 17 marzo del 2006. La casa accoglienza per malati di mente di San Claudio nacque per l’impegno profuso da don Lino che aveva già creato negli anni precedenti la “Cooperativa 13 maggio” di Civitanova Marche.
Ogni anno, la Fondazione don Lino Ramini, che ha la propria sede in Civitanova Marche, ricorda la figura del sacerdote in occasione della sua morte. Con la proposta di trascorrere le vacanze sulle Dolomiti, don Lino voleva che nei giovani nascesse il desiderio di interessarsi della persona in tutte le sue dimensioni. Molti ragazzi di Civitanova Marche, che non erano mai usciti dal proprio paese, – – ha ricordato il dott. Galliano Micucci, videro nella proposta del sacerdote un’occasione da non perdere. Erano a corto di esperienze proprio perché giovani ma aiutati dai più grandi fecero in fretta a crescere nella dimensione voluta dal sacerdote. L’altro, soprattutto se bisognoso d’aiuto, è sempre una ricchezza mai un fastidio o un impoverimento. La proposta di impegnarsi nell’apertura di una casa d’accoglienza per malati di mente li trovò entusiasti. Studiando e lavorando sono diventati col tempo: infermieri, psicologi, medici, psico terapeuti, assistenti sociali, operatori socio sanitari, oggi fiore all’occhiello della Comunità San Claudio.
La chiusura dei manicomi o ospedali psichiatrici avvenne con la legge 180, varata nel 1978. Fu fortemente voluta da Franco Basaglia, il neuro psichiatra, che si spese perché anche ai malati di mente fosse permesso di vivere una vita dignitosa. Pensava che di loro si dovesse interessare il servizio sanitario nazionale. Chi soffriva di disturbi psichici veniva recluso in strutture chiuse come erano i manicomi. I malati di mente erano legati ai letti di contenzione perché ritenuti pericolosi a se stessi e agli altri. Non c’era per loro nessuna terapia ma solo sofferenza e degrado umano. Dall’approvazione della legge alla creazione di case famiglia che li avessero accolti, passarono quasi vent’anni. Molti di loro avevano paura di uscire da un luogo che per quanto infernale poteva essere, almeno li teneva al sicuro. La società poi non era preparata a questo salto di mentalità. Chi aveva un malato di mente si vergognava.
È straordinario come il passato, per chi ha una certa età, evochi ricordi mai cancellati. Ascoltando l’intervento del dott. Galliano Micucci, mi sono ritornati alla mente libri invecchiati ma mai superati: Viaggio intorno all’uomo di Sergio Zavoli, Asylums Le istituzioni totali, i meccanismi dell’esclusione e della violenza, di Erving Goffman, traduzione di Franca Ongaro Basaglia. Accanto a questi due libri poi ci sono tutte le puntate televisive curate da Sergio Zavoli, dedicate ai Giardini di Abele, poi le letture di articoli di giornale, letti, ritagliati e messi da parte. Bella è stata anche la testimonianza di Luca Ceriscioli, presidente della Regione Marche. La propria docente di lettere, al primo anno della Scuola Media, aveva invitato i propri alunni a leggere, studiare e commentare la legge Basaglia.
Il momento più commovente della serata è stato la proiezione del video – performance Le storie ascoltate, costruito dal dott. Ubaldo Sagripanti, medico psichiatra, i cui testi erano letti sul palco del cine-teatro da Roberta Fonsato e Luigi Ciucci. Sullo schermo scorrevano le immagini della casa di accoglienza di San Claudio e la guida, ripresa dalla telecamera, spiegava la funzione degli spazi esterni e interni: la sala mensa, quella per le riunioni di lavoro, l’infermeria, la cucina, le camerette per gli ospiti, gli spazi per la psicomotricità, per i lavori di gruppo, l’ippoterapia praticata a lato dei viali che circondano San Claudio. Altre riprese aeree evidenziavano tutto il territorio circostante, spaziando dalla pianura alla collina ai Monti Azzurri imbiancati dalla neve. Luoghi e posti lontani, città intasate dal traffico, spaccati della vita quotidiana, si alternavano in un sapiente dosaggio per contestualizzare o semplicemente evocare con la lettura storie di vita lette dai due attori.
È stato un modo nuovo perché tutti i presenti in aula, strapiena in ogni ordine di posti, si calassero nella storia vissuta dal malato di mente.
“La partecipazione è la via più naturale e diretta per entrare in rapporto con le persone, le storie e gli ambienti diversi, ma allo stesso modo è proprio quello che per lungo tempo la cura della malattia mentale non ha previsto”, questo ha detto nel proprio breve intervento il dott. Ubaldo Sagripanti. L’emozione è un momento della conoscenza. La terapia nasce dall’incontro tra diagnosi, malato e medico, non da posizioni preconcette.
La prima legge in Italia, che vedeva nei malati di mente una pericolosità sociale, per cui prevedeva il loro internamento nei manicomi, è del 1904; da questa data fino al 1978 tutto rimaneva immutato. Il 20 luglio 1969 l’uomo andava sulla Luna ma sulla terra, chi soffriva di disturbi psichici, era rinchiuso nei manicomi. Ricordo con sconcerto com’erano trattati i pellagrosi. L’abuso o meglio la mancanza d’integrazione con legumi e verdure nell’alimentazione, solo a base di polenta, portava all’indebolimento di tutto l’organismo fino a intaccare il sistema nervoso. Negli ultimi stadi di vita, il pellagroso era trattato come un malato mentale e rinchiuso nei manicomi. Le cartelle dell’ospedale Sant’Anna di Como, ovviamente fotocopiate e utilizzate per un corso di formazione tenuto presso la Fondazione Feltrinelli di Milano, seguito negli anni del mio lungo soggiorno in terra lombarda, registravano casi di pellagrosi che, considerati come malati mentali, erano curati solo con una “Limonea marziale”, un semplice tranquillante mentre avrebbero avuto bisogno di mangiare meglio.
Solo quarant’anni fa, nel 1978, la psichiatria è entrata a far parte del servizio sanitario nazionale e questo grazie alle lotte di Franco Basaglia e di sua moglie Franca Ongaro.
Don Lino Ramini con l’apertura della casa famiglia di San Claudio, da sacerdote, voleva dare ai malati di mente un tetto e un ambiente, dove poter vivere con dignità la propria vita.
I primi ospiti della struttura, una ventina circa, venivano dal manicomio di Macerata. Dei primi ospiti è rimasta solo una persona. Gli altri sono morti. Sono stati letti i loro nomi uno ad uno. È stato un gesto bello e commovente che ha tenuto tutti col fiato sospeso.
È stato tutto bello del pomeriggio anche l’aperitivo offerto dalla Cooperativa Sociale Solaria, consumato, al termine degli interventi e della foto di gruppo, presso la Sede Caritas- Casa don Lino Ramini di via Parini. •