Dal Papa un messaggio chiaro all’Europa che fatica a trovare un cammino comune di solidarietà.
Il Papa solo, in una basilica completamente vuota, pronuncia il discorso Urbi et Orbi, cioè alla città e al mondo. La Pasqua, nel tempo del coronavirus, vive di questa immagine che il mondo dei media porta ovunque, nelle case, nei social, sui computer dei cinque continenti. Così la veglia della notte, che conclude il sabato del grande silenzio. L’icona della Salus populi romani, e il crocifisso di San Marcello al Corso, che nel 1522 ha percorso le strade di Roma per allontanare la grande peste, sempre in primo piano, da venerdì 27 marzo, preghiera straordinaria in piazza San Pietro. Vedendo un crocifisso appoggiato in un angolo della sacrestia a Molfetta, don Tonino Bello commentava la scritta che ne indicava la “collocazione provvisoria”: “penso che non ci sia formula migliore per definire la croce: la mia, la tua croce, non so quella di Cristo”.
Collocazione provvisoria. È quanto mai evidente in questo giorno in cui facciamo memoria di quella pesante pietra rotolata di lato dell’ingresso del sepolcro. Che bel racconto il Vangelo del giorno di Pasqua. Non sembri irriverente, ma Giovanni è un cronista, oserei dire, con i tempi televisivi. Ci racconta, come un testimone diretto, quel correre verso il sepolcro, era ancora buio, e notare la pietra rotolata, accantonata. I due discepoli correvano, uno arriva prima dell’altro, i teli posati, il sudario avvolto in un luogo a parte. In un tempo di comunicazione drogata, falsata per diversi fini, questo passo del Vangelo ricorda a noi giornalisti l’importanza della testimonianza diretta, dell’accertamento delle fonti.
Il cronista Giovanni ci fa conoscere i testimoni: Maria, Simon Pietro e il discepolo amato dal Signore; il loro pensiero è uno solo: Gesù è vivo, è ancora tra noi.
La Pasqua è l’annuncio antico e sempre nuovo della vittoria della vita sulla morte. Papa Benedetto ricordava: “la risurrezione di Cristo non è il frutto di una speculazione, di un’esperienza mistica: è un avvenimento, che certamente oltrepassa la storia, ma che avviene in un momento preciso della storia e lascia in essa un’impronta indelebile”.
In una basilica senza fedeli presenti, Francesco pronuncia il messaggio di Pasqua. Indifferenza, egoismi, divisione, dimenticanza, “non sono davvero le parole che vogliamo sentire in questo tempo”. Per Francesco “sembrano prevalere quando in noi vincono la paura e la morte, cioè quando non lasciamo vincere il Signore Gesù nel nostro cuore e nella nostra vita”. Dal Papa un messaggio chiaro all’Europa che fatica a trovare un cammino comune di solidarietà: “l’Europa ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero. Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative”.
Per il Papa oggi i nuovi Nazareni sono i medici, gli infermieri, tutti coloro che lavorano quotidianamente per fermare questa pandemia nei diversi modi. Il nuovo Golgota sono gli ospedali, i reparti di terapia intensiva, dove il personale sanitario ha visto tanti, troppi Crocifissi a causa del virus. La vita di milioni di persone è cambiata all’improvviso. Per molti, dice Francesco, “rimanere a casa è stata un’occasione per riflettere, per fermare i frenetici ritmi della vita, per stare con i propri cari e godere della loro compagnia. Per tanti però è anche un tempo di preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto, per il lavoro che si rischia di perdere e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé”.
Per il Papa “non è questo il tempo dell’indifferenza, perché tutto il mondo sta soffrendo e deve ritrovarsi unito nell’affrontare la pandemia”, e chiede attenzione ai poveri, a chi manca di beni di prima necessità, medicine, assistenza sanitaria. Non è questo “il tempo degli egoismi”, né “il tempo delle divisioni”, così chiede “un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo”, e di smettere di “continuare a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbe essere usati per curare le persone e salvare vite”. E non è nemmeno “il tempo della dimenticanza”. Cristo è risorto, c’è un altro contagio, quello della speranza. Nella veglia di Pasqua il Papa dice: “stanotte conquistiamo un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza”. •
Fabio Zavattaro