
Il buon giornalismo che non spettacolarizza le notizie sulla Pandemia
Fino a una decina di mesi fa in tanti si lamentavano perché i mezzi di comunicazione erano troppo attenti alla cronaca nera – l’unica capace comunque di far impennare l’audience e le vendite – ma per un giornalista quel genere di notizie oggi non provoca più i maggiori imbarazzi o rimorsi di coscienza.
La preoccupazione che davvero perseguita qualsiasi cronista, dalla mattina alla sera, è infatti diventata il pericolo di aumentare la paura del virus nelle persone. “Allarme seconda ondata”, “ospedali al collasso”, “contagi inarrestabili”, “impennata dei morti”, “assembramenti irresponsabili”, “economia in ginocchio” sono stati per giorni i termini più usati nei servizi televisivi e negli articoli dei giornali, ma ogni volta i giornalisti hanno cercato di non eccedere e non focalizzare l’attenzione oltre il dovuto e necessario, di fare informazione e non spettacolarizzazione. Il telespettatore e il lettore possono non rendersene conto, ma questa ‘ansia da cronaca’ sta martellando la testa dei giornalisti, che mai come in questo periodo vorrebbero proporre buone notizie e si sforzano più di sempre per andare a cercarle.
Basta guardare la commozione che accomuna intervistato e intervistatore quando si raccontano storie di chi è guarito dal Covid-19, di chi si sacrifica in prima linea per sconfiggerlo e di chi volontariamente e disinteressatamente aiuta le persone finite in difficoltà.
Tutti, dopo la Pasqua vissuta in isolamento famigliare, aspettavamo Natale per poter finalmente tornare alla normalità. Invece, i tempi si sono allungati e il virus è ancora in agguato, costringendoci a passare in casa anche queste festività. Non ne possiamo più e tutti ci auguriamo che sia l’ultimo sacrificio, per questo anche i giornalisti davanti all’albero, la sera della vigilia, esprimeranno il desiderio di raccontare al più presto la fine di questa brutta storia della pandemia. •